Molti la conoscono perché è la valle della lussuosa St. Moritz, ma c’è anche un’altra Engadina, meno frequentata da vip e celebrities, tagliata su misura per chi vuol fare un pieno di benessere e autenticità tra scenari da film, cime imponenti, laghetti, tanto sole. Niente di strano, quindi, che questa terra abbia incantato, in passato, pittori e intellettuali come Marc Chagall ed Hermann Hesse, Thomas Mann, Nietsche e Giovanni Segantini. Da non mancare, a questo proposito, una visita al Museo dedicato al grande pittore: ospitato in un inconfondibile edificio circolare sovrastato da una cupola, raccoglie alcuni dei quadri più belli dell’artista trentino, dal Trittico delle Alpi a Le due madri.
Ma è soprattutto per gli amanti della neve, sugli sci o a piedi, che l’Engadina è una promessa mantenuta in partenza: qui ci si può infatti dedicare agli sport bianchi a tutti i livelli, con oltre 50 impianti di risalita, quasi 400 km di piste da discesa, anelli da fondo a volontà e un labirinto di sentieri per passeggiate o ciaspolate. Lasciandosi alle spalle St. Moritz, il primo paese che si incontra è Celerina, circondata da fitti boschi di cembri. Ad annunciare il piccolo centro abitato è, su una collinetta, la chiesa di San Gian affiancata da ben due campanili, uno romanico e l’altro gotico. All’interno sono da notare un soffitto di legno interamente dipinto e un ciclo di affreschi eseguito nel ‘400.
Entrando poi nel centro di Celerina si scoprono numerosi esempi delle tipiche case engadinesi (molte del ‘600): dipinte di bianco o rosa, decorate a graffiti (“sgraffiti”, come si dice in valle), battezzate con nomi di fantasia. Spesso affacciate su piazzette con fontana, queste abitazioni sono l’esaltazione della funzionalità e del bien vivre: i balconi e le finestre, sempre fioriti, sono orientati in più direzioni per avere luce tutto il giorno, e non manca la panca delle menzogne, dove un tempo ci si sedeva per fare quattro chiacchiere con (e sui) vicini.
Anche il centro di Samedan, subito dopo Celerina, è un concentrato di storia: ecco, per esempio, il massiccio campanile romanico del 1100, il vecchio villaggio del ‘500 e la Chesa Planta, una delle residenze della nobile famiglia che governò l’Engadina per cinque secoli, oggi sede di una fornitissima Biblioteca Romancia (la lingua locale).
Sempre sorvegliati a vista dalla mole del Piz Palù, ci si dirige verso Zuoz, forse il paese dell’Engadina con il maggior numero di testimonianze del passato. Si arriva subito nella piazza di ciottoli in cui gorgoglia una vecchia fontana con la statua di un orso rampante: il paese era la sede della famiglia Planta che aveva come stemma la zampa di un orso (questo il significato, in romancio, della parola planta). E, infatti, a pochi passi dalla fontana ecco un’altra Chesa Planta, costruita dai rampolli della famiglia nel ‘500 con raffinatezze insolite per quei tempi: una elegante scala barocca e complicati decori in ferro battuto per finestre e balconi. Anche le altre abitazioni della piazza risalgono a quell’epoca e questo, insieme a una fuga di vicoli medievali, fa di Zuoz un piccolo gioiello architettonico.
Ancora panorami mozzafiato se, tornando a Samedan, si raggiunge con un trenino il Muottas Muragl (a 2453 metri di altezza): da qui è assicurata la vista a quattro stelle sulla valle, sui laghi e sulle cime più belle, dal Corviglia al Piz Nair. Al crepuscolo, invece di scendere a valle, ci si può fermare a dormire in un igloo, dopo una cena a base di fondue e abbondanti bevute di vin brulè. A disposizione degli avventurosi, un sacco a pelo termico, un materassino isolante e... una slitta, per tornare a casa la mattina dopo.
Anche le specialità gastronomiche riservano piacevoli sorprese. In Engadina, infatti, convivono, ormai da secoli, culture diversissime tra loro (la ladina, l’italiana e la tedesca) a cui si sono aggiunti, grazie al turismo e al jet set, usi e abitudini alimentari internazionali. Non è quindi difficile scoprire che, tra botteghe e boutiques, usterie e restaurant, la gastronomia è profondamente cosmopolita. Piatti poveri come i maluns (rustica padellata di patate) sono serviti con la stessa cura delle ostriche; antichi prodotti come i salsiz (salamini di selvaggina) hanno la stessa dignità di delikatessen raffinate come gli spicchi di arancia glassati che si vedono sui banchi delle pasticcerie.
a cura di Cristiana Cassé, testi di Enrico Saravalle, foto e realizzazione piatti Ilva Beretta