Un paesaggio morbido e uniforme, frutto dell'opera dell'uomo che lo ha reso fertile e produttivo attraverso una continua opera di bonifica dei terreni, trasformando paludi e boschi in fertili campi per la coltivazione. Un mosaico dove cielo e terra si confondono, interrotto da città storiche e antichi borghi che con piazze e palazzi, cattedrali e cascine rievocano un passato glorioso. È questo che si incontra viaggiando tra Lomellina, l’Oltrepò Pavese e Mantovano e le terre interne lombarde tra Oglio e Po. Terre antiche, queste, dove le tradizioni sono cultura e memoria, immerse nel verde di una natura fruibile e accogliente e dove la qualità della vita è sinonimo di sostenibilità e mobilità lenta, di spazi aperti e comunità resilienti.
Stretta fra il Po, il Sesia e il Ticino, la Lomellina è una sorta di Mesopotamia lombarda: l’acqua, infatti, è l'elemento identificativo di un territorio che è disegnato dalle risaie, da un Parco Fluviale (quello del Ticino) e dalle garzaie (le aree protette tagliate da canali, rogge, ruscelli dove nidificano centinaia di aironi). Ma nella “piccola Loira” (altro nick name della piccola regione) si incontrano decine di castelli che raccontano secoli di feudi e signorie. C’è quello di Cozzo, per esempio, di proprietà della famiglia Gallarati Scotti dalla fine del ‘400 ma anche quello di Lomello a cui si affianca la basilica di Santa Maria Maggiore, uno dei migliori esempi del romanico lombardo e quello di Sartirana che conserva ancora il look minaccioso di una fortezza medievale.
La tavola lomellina è naturalmente influenzata dalla civiltà della risaia, dell'orto, degli animali allevati nelle cascine. E, infatti, se il riso è uno degli ingredienti principali della cucina locale, tra i prodotti più tipici si trova il Salam d'la duja - il tipico salame di maiale conservato sotto grasso in vasi di terracotta - e gli insaccati d’oca (salami e prosciutti) che raccontano come, nei secoli passati, qui fosse molto forte la presenza di una numerosa comunità ebraica. E, ancora, non si possono dimenticare la “dolcissima”, vale a dire la Cipolla di Breme, presidio Slow Food, la Zucca Bertagnina di Dorno, l’Asparago Rosa di Cilavegna e i Fagioli Borlotti di Gambolò.
Un triangolo di Lombardia, tra il Piemonte e l’Emilia che si spinge fino a quasi toccare la Liguria e che si snoda tra vigneti, vecchi borghi e castelli. È l’Oltrepò Pavese, piccolo grande territorio dai paesaggi zen, ravvivati dai filari interminabili di vigneti e dalle prime alture dell’Appennino. Tutto da vedere, in cima a balconi panoramici o da percorrere su sentieri e green way per scoprire le tessere dei mosaici della storia e della geografia o, anche, da gustare tra salami e preziose etichette (le valli del vino in Oltrepò sono una destinazione imperdibile), formaggi e tartufi.
Nei secoli questa piccola preziosa regione ha conosciuto una fiorente economia grazie ai traffici che dal mare risalivano l’Appennino, passavano lungo la Via del Sale e raggiungevano la pianura. È lungo questo high way del passato che sono cresciuti nel Medioevo i commerci delle nobili dinastie (Visconti e Dal Verme, Beccaria e Malaspina) proprietarie di rocche - che ancora oggi si stagliano all’orizzonte come il Castello di Zavattarello, di Varzi (dettaglio in foto) e di Nazzano - e terreni su cui sorgono i borghi, i monasteri e le abbazie (come quello di S. Alberto di Butrio) che raccontano una storia secolare. Ma oggi l’Oltrepò Pavese è una delle principali zone vitivinicole a livello mondiale, con oltre 300 cantine, dove fare esperienze di conoscenza e degustazione. Tra i suoi prodotti di punta le seducenti bollicine dello Spumante Metodo Classico, ma anche rossi corposi e saldi da uve di Barbera e Croatina.
La cucina oltrepadana non può ignorare le influenze e le tradizioni delle quattro regioni limitrofe: tra tutte spicca la norcineria, l’arte di lavorare e conservare la carne suina che trova la sua massima espressione nel Salame di Varzi DOP (foto sopra), un salame a grana grossa ottenuto dalle carni nobili del maiale (spalla, lombo, coscia, coppa, grasso di gola e di pancetta), aglio fresco e vino rosso. Non mancano, poi, una lunga tradizione casearia, e i prodotti tipici come la frutta (la mela Pomella è la regina dei meleti in Oltrepò), i funghi e i tartufi.
Una ventina di comuni dell’Oglio-Po e dell’Oltrepò Mantovano e un comprensorio tra le province di Mantova e Cremona: ecco le Terre del Po, bagnate e solcate da tre corsi d’acqua strategici come Mincio, l’Oglio e il Po. I periodi storici che maggiormente hanno contribuito a connotare culturalmente questa area sono stati il Medioevo e il Rinascimento, quando queste terre d’acqua si garantirono spazio e autonomia, grazie soprattutto al dominio illuminato dei Gonzaga. E, a raccontare il dominio fastoso della celebre dynasty, ecco castelli e residenze sparpagliate nella campagna come quelli di Sustinente e di Revere. L’abbondanza di acqua ha obbligato nei secoli a realizzare sbarramenti, canali, fossi e idrovore (come la maestosa idrovora di Rivarolo) allo scopo di gestire i fiumi, navigarli, contenere le piene e bonificare i terreni. Oggi il territorio che si vive e si visita è il risultato del lavoro dell’uomo che ha regimentato le acque - anche trasformandole in energia – per sviluppare attività produttive e artigianali. Così, il paesaggio dal carattere autenticamente bucolico mostra, accanto a preziose riserve naturali, pievi e abbazie, architetture rinascimentali e borghi medioevali.
Come ogni luogo in cui la sussistenza è legata all’agricoltura, la gastronomia delle Terre del Po è ricca di ricette che utilizzano le materie prime locali: carne di maiale, salumi (come la spalla cotta che va gustata insieme al luadel, una focaccina lievitata che va mangiata ancora calda), pesci di fiume (notevole il luccio in salsa) formaggi e, tipiche di questo territorio, zucche, pere, meloni e angurie che raggiungono le tavole di tutta la Lombardia. C’è una ricetta in particolare, tipicamente invernale e lombarda, legata alla frutta e alla verdura: la “mostarda” dal sapore agrodolce che si abbina ai bolliti ed è ingrediente dei tortelli mantovani. Nelle Terre del Po, infine, si producono il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, nei caseifici sociali cooperativi e privati del territorio.
Enrico Saravalle,
giugno 2024
Enrico Saravalle è giornalista di vasta e varia cultura, che ama viaggiare, mangiare e usare mouse e tastiera per raccontare luoghi, esperienze e sapori ad ogni angolo del globo. Quando non è in giro per il mondo si divide tra Milano e la Sicilia.
Enrico Saravalle è giornalista di vasta e varia cultura, che ama viaggiare, mangiare e usare mouse e tastiera per raccontare luoghi, esperienze e sapori ad ogni angolo del globo. Quando non è in giro per il mondo si divide tra Milano e la Sicilia.