Per molti, fino a poco tempo fa, era solo “la mamma di Joe Bastianich”, ma da quando è salita sul palco di Masterchef Junior come giudice con Bruno Barbieri e Alessandro Borghese… è Joe a essere diventato “il figlio di Lidia Bastianich”. Perché grazie al reality per piccoli aspiranti cuochi abbiamo scoperto questa straordinaria esule istriana, catapultata a New York a soli 12 anni, che ha fatto conoscere a tutta l’America la cucina della tradizioni regionali italiane.
Oggi dirige un impero che comprende quattro ristoranti e una casa di produzione, firma libri e salse pronte, colleziona nomination agli Emmy per i suoi programmi di cucina. A Salepepe.it racconta le sue due grandi passioni, la cucina e la famiglia.
Lei è l’ambasciatrice della grande tradizione italiana negli Stati Uniti. Ma la sua è una cucina italiana o italoamericana?
La cucina nei miei ristoranti è principalmente italiana, con qualche influenza italo-americana, ma lascio usare anche la creatività agli chef, che è una componente importante. Negli Stati Uniti sono veramente pochi i cuochi nati in Italia che propongono piatti italiani. Quindi cerchiamo di farli viaggiare in Italia per capire, sperimentare, assaggiare, apprendere e comprendere dal vivo la cucina e la tradizione regionale italiana.
La cucina è stata una scelta professionale, un’eredità familiare o solo il destino?
Penso che sia stato perlopiù il destino. Ho trascorso l’infanzia attaccata al grembiule della nonna materna. Mia madre era insegnante e io rimanevo a casa con lei, che mi mandava nel pollaio a raccogliere le uova ancora calde per fare la pasta; mi faceva reggere le bottiglie mentre versava l’olio fresco appena spremuto; l’aiutavo a far colare nel setaccio la ricotta calda fatta con il latte di capra che aveva appena munto; sgusciavamo insieme i ceci dopo averli seccati al sole per conservarli per l’inverno. Quelle sono le esperienze, i gusti e i sapori che mi accompagnano sin da bambina. Poi, da profuga giuliana, il destino mi ha mandato in giro per il mondo, con i ricordi di sapori e odori che mi riportavano sempre ai luoghi della fanciullezza. A dodici anni sono arrivata a New York e ora mi sento anche molto americana. Ho sempre cercato di collegare i luoghi della mia infanzia con il mio paese d’adozione, l’America, che mi ha accolto a braccia aperte e mi ha dato l’opportunità di una nuova vita. Amando tutt’e due le culture, avevo il desiderio di unirle, volevo che i miei due mondi, così diversi ma così importanti per me, si collegassero in qualche modo. E questo è successo attraverso il cibo, tra la nostalgia sempre presente e passione, voglia di fare, costante ricerca e tanto, tanto lavoro.
Lei ha cucinato per grandi personaggi, da Papa Benedetto XVI a Elton John. Ma come cucina a casa?
Cerco di proporre sempre una cucina genuina, semplice, stagionale e con un grande rispetto per il prodotto.
Qual è il suo rapporto con Joe?
Fra me e Joe c’è innanzitutto un grande rapporto tra madre e figlio, che però va oltre perché collaboriamo anche in campo professionale ed entrambi abbiamo un grande rispetto per le idee e le capacità dell’altro.
Anche sua figlia Tanya si occupa di cucina?
Mia figlia Tanya Manuali è molto brava in cucina, ma la sua passione è più accademica. Ha conseguito un dottorato in storia del rinascimento italiano ad Oxford ed è coautrice con me dei nostri libri di cucina. Dirige inoltre, con Shelly Burgess, la nostra casa di produzione televisiva, Tavola Productions, ed ha appena vinto l’Emmy.
A Masterchef Junior giudica i piccoli aspiranti chef. Come è l’esperienza per lei, che è nonna di 5 nipoti?
E’ stato straordinario lavorare con questi piccoli chef italiani. Mi sono commossa a vedere la passione e la conoscenza di prodotti e ricette che hanno questi ragazzi. Poi dentro ognuno di loro c’era anche una gran voglia di vincere.
Cosa insegnano i piccoli concorrenti al giudice Lidia Bastianich?
Ho capito quanto importanti siano i nuovi mezzi di comunicazione, perché questi giovani italiani erano al corrente di prodotti, spezie e tecniche a livello globale. E’ importante conoscere bene la propria cultura d’origine, però se vuoi essere competitivo, ti devi aprire al mondo. E questi ragazzini l’hanno capito.
di Enza Dalessandri