Il carciofo, nome in greco arcaico ‘kinara’, fa la sua prima comparsa letteraria nella mitologia degli antichi Greci, dove la bellissima ninfa Cynara, pare dotata di carattere spinoso ma di cuore tenero, viene trasformata da Zeus in una verdura con le stesse caratteristiche. La pianta è infatti originaria del bacino del Mediterraneo orientale, che comprende le isole Egee, Cipro, tutta l’Africa settentrionale e l’Etiopia, dove tuttora se ne trovano diverse qualità spontanee.
I carciofi reclamano un posto di primo piano nella cucina greca, dove le verdure locali, anche a causa delle passate, ristrette condizioni di vita di gran parte della popolazione e ai numerosi periodi di magro che scandiscono il calendario dalla fede ortodossa, sono una presenza costante, come pure le tante erbe aromatiche.
In Grecia i piatti a base di verdura sono il vero cuore della cucina tradizionale, grazie anche all’uso accorto di aromi e spezie che li rende ancora più saporiti. Questo vale sia per gli irresistibili e numerosi meze (antipastini di origine greca e levantina, letteralmente ‘ricchi di sapore’), sia per i più importanti e lavorati piatti unici, sempre accompagnati da specifici condimenti. Primi fra tutti i “laderà”, pietanze a base di verdure che in comune hanno il fatto di essere cotte al forno o in umido e cucinate con abbondante olio - rigorosamente d’oliva. I “laderà”, come pure altre preparazioni della cucina greca che prevedono fra gli ingredienti olio d’oliva ed erbe aromatiche, generalmente si servono tiepidi o a temperatura ambiente, quando le caratteristiche aromatiche del piatto si esprimono al meglio.
La ricetta che vi proponiamo parte da un classico laderà, gli “Aginares avgolemono”, carciofi in umido al profumo di limone (altro ingrediente assai presente nella cucina greca). Il piatto viene qui arricchito da un ricco ripieno di carne - la tradizione gastronomica locale abbina spesso i carciofi ad agnello o capretto - e di formaggio che lo rende un ghiotto piatto unico, tutto da provare!
di Francesca Tagliabue, in cucina Livia Sala, foto di Maurizio Lodi
Il carciofo (cynara è il nome in latino) era molto apprezzato anche dai Romani antichi, grandi estimatori al pari dei Greci, nonostante la pianta di allora fosse dissimile da quella oggi presente sui banchi del mercato, e somigliasse più a un cardo selvatico. Nei secoli successivi, la sua coltivazione in Europa fu abbandonata senza ragione e, di conseguenza, ne calò drasticamente l’uso in cucina. Ricompare in Italia alla fine del Medioevo, a seguito di grosse importazioni dall’Etiopia, cominciando con la Toscana - pare che Caterina de’ Medici, vera anima gourmet del Rinascimento, ne fosse assai golosa, al punto di portarlo con sé Oltralpe, quando lasciò la sua terra per divenire regina di Francia. Si diffonde poi in Germania, Sicilia, Veneto e Francia.
Il ruvido carciofo dal cuore tenero e gustoso troverà posto anche nell’araldica del tempo, raffigurato su scudi e gonfaloni come simbolo di speranza. Una curiosità: nonostante la presenza importante nella tradizione culinaria del centro-sud Europa, il carciofo odierno - già ‘carciofano’ nel XVI secolo, come lo definì Bartolomeo Scappi nella sua “Opera dell’arte del cucinare” - deve la radice del suo nome attuale non al latino Cynara o al greco Kinara, bensì all’arabo ‘al-kharshuf’.