Dolce, salato, acido, amaro. E il piccante?
No, non si tratta di un gusto, come i magnifici quattro fondamentali: è invece una percezione dei sensi, simile a un bruciore, che accende la bocca e la esalta. Tra gli ingredienti che si prendono questo piacevole compito c'è la senape, una pianta della famiglia delle crucifere, che sotto forma di salsa accompagna da secoli soprattutto le carni, ma può offrire ben di più alle gioie della tavola. Cresce spontanea in ambiente mediterraneo, si coltiva da sempre e ha avuto enorme fortuna in Francia e nei Paesi anglosassoni. In Italia, dove si usa meno, si è ritagliata un'area privilegiata in terra padana, soprattutto in quel capolavoro che è la mostarda, dove la sua piccantezza si sposa con la dolcezza dello zucchero in un contrasto assolutamente unico.
Piccoli, profumatissimi semi
Citata nel Vangelo per i suoi granelli minuscoli che danno una pianta di grandi dimensioni, la senape ha fusto eretto, alto fino a un metro, foglie ovate, fiori gialli a grappoli e frutti verdi a baccello che racchiudono semi piccoli e rotondi: sono questi il suo tesoro perché contengono un olio essenziale, la sinalbina, responsabile del piccante. Il colore dei semi varia, ma due sono le tipologie fondamentali: la senape bianca (Sinapis alba) e quella nera (Brassica nigra), che ha un maggior grado di piccantezza e un odore pungente caratteristico.
La grande storia inizia a Digione
Già gli Egizi trituravano quei semini per condire i cibi. I Romani, che amavano i sapori decisi e ardenti, insaporivano con foglie di senape le insalate e i bolliti; se ne servivano anche come conservante perché conoscevano le proprietà antiossidanti e antibatteriche della pianta. Nel Medioevo, era considerata un medicinale prima che un apportatore di sapore e bisogna arrivare al secolo XIII per trovare una preparazione con la senape simile a quelle attuali, cioè in pasta. Si trattava di un condimento, sotto forma di salsa ottenuto macinando i semi e diluendoli. In Francia, dove ha avuto grande successo, ha preso il nome di "moutarde", da "mout ardent", cioè mosto ardente. Ed è proprio Oltralpe che, a metà del Seicento, sono saliti in cattedra i produttori di Digione, i quali hanno fatto della senape la gloria gastronomica locale. Sono stati loro a definire quel colore così caratteristico che dà il nome alla tonalità "giallo senape", piacevole nell'accostamento con i rossi delle carni a cui questa salsa è da sempre destinata.
Una ricetta, mille varietà
Per quante siano le varietà, tutte hanno origine dalla stessa formula: una miscela di grani neri e bianchi, prima ridotti in farina e poi diluiti con aceto, vino bianco, spezie e altri aromi oppure con mosto di vino rosso, come nel caso della bordolese. Nasce così una crema che qualche volta è morbida e liscia, altre granulosa perché, come in quella di Meaux, detta "all'antica", i semi sono spezzettati grossolanamente e si sentono in bocca. Anche la piccantezza varia. Della senape di Digione, che vanta il marchio Doc dal 1937, esiste un tipo "forte" , più asciutta e acuta al palato e uno più morbida, dolce e aromatica.
Sulla carne, ma non solo
L'accostamento principe, come hanno insegnato i francesi, è quello con la carne, dai bolliti agli arrosti (provate questo filetto di maiale alla senape e pan di spezie o queste cotolette di fegato con salsa agrodolce di cipolle alla senape). In Inghilterra accompagna roastbeef e prosciutto. I tedeschi, che la profumano con erbe e spezie, la servono con le salsicce; non può mancare su würstel e crauti, con panino servito a parte. Nelle cucine orientali, i semi di senape entrano nel curry e in molte ricette indiane. I giapponesi ricavano una salsa simile da una pianta parente della nostra rucola e la servono anche con il pesce.
Mariarosa Schiaffino
2022