Le
patatine fritte sono uno degli
snack salati più consumati al mondo, che secondo la tradizione fu inventato quasi per caso 160 anni fa da un cuoco di Saratoga Springs (New York). Chiamate anche
chips (dall’inglese fettine), sono patate tagliate sottilissime, fritte in modo da renderle molto croccanti, salate e confezionate in sacchetto.
In genere le
patatine fritte vengono prodotte con
patate a polpa gialla, sotto la lente:
Patatine fritte che sono prima spazzolate, poi lavate, sbucciate, divise per dimensioni e tagliate a sfoglie sottili, con forme e spessori variabili. Segue un passaggio in acqua fredda, la friggitura in olio bollente (a 180°), la salatura e l’eventuale aggiunta di aromi (cipolla, aceto, paprika, salsa barbecue, erbe aromatiche) e infine la confezione in buste plastificate in atmosfera protettiva.
Le patatine fritte sono irresistibili: uno studio dell’università di Norimberga ha dimostrato che attivano nel cervello i centri nervosi del piacere, gli stessi delle dipendenze. Tuttavia sono considerate uno
junk food (cibo spazzatura) perché molto caloriche (500-550 cal/100 g), poco sazianti e ricche di grassi (30-35%).
Gli oli utilizzati per friggere sono un altro punto dolente: spesso in etichetta vengono indicati genericamente come oli vegetali, di solito di palma, cocco, colza, in prevalenza saturi; e anche il contenuto di sale non è da sottovalutare. Le
chips dunque vanno consumate con moderazione, privilegiando i marchi che usano oli di qualità come quelli di girasole (dichiarato in etichetta) e d’oliva (anche se in percentuali minime) e pochi aromi