Il sale è uno degli elementi naturali più diffusi e utilizzati al mondo. Dà più gusto ai cibi, ne aiuta la conservazione, fertilizza i campi, smacchia gli abiti e, secondo un recente studio dell’università americana dello Iowa, migliora anche l’umore. Per questo il sale nel corso dei millenni è stato trattato come merce preziosa quanto l’oro, oggetto di scambi, commerci e persino di guerre; in tempi recenti, la produzione commerciale nel mondo è passata dal 10 a 22 milioni di tonnellate nell’ultimo secolo e per il 2009 si prevede un picco di quasi 250 milioni di tonnellate. Il sapore salato, infatti, è molto amato a tutte le latitudini e, come sostengono alcune ricerche sul gusto, produce una specie di “dipendenza” per cui è difficile farne a meno.
In realtà, se non si vogliono correre rischi per la salute il
sale va utilizzato con moderazione. Il consumo massimo dovrebbe essere di 5-6 g al giorno (pari a un cucchiaino), come indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, mentre in media è di 10-12 g. Se infatti non si può vivere senza sodio (il componente più importante del sale indispensabile per mantenere l’equilibrio idrico dell’organismo), un consumo eccessivo di questo minerale può avere ripercussioni negative. In primo luogo sulla pressione arteriosa che, secondo la gran parte degli studi effettuati, tende a salire, con maggior rischio di malattie cardiovascolari.
Se da un lato gli esperti raccomandano una dieta poco salata, dall’altro il sale è diventato di moda, non quello comune da cucina, ma le varietà insolite e pregiate predilette da chef e gourmet.
Dal
sale rosa himalayano, raccolto artigianalmente nelle miniere e ricchissimo di minerali apprezzati anche per le loro proprietà curative, al
sale hawaiano nero, dalla consistenza setosa, che viene mischiato a lava vulcanica e carbone attivo e ha sapore leggermente solforico; dal
Fleur de sel (fiore di sale) di
Guérande (Bretagna) o della
Camargue, il più prezioso dei sali marini naturali che affiora sulla superficie dell’acqua delle saline, ai
Sali affumicati degli Stati Uniti.
Tutte varietà rare e pregiate (costano fino a 60 euro al chilo), che vanno spolverizzate con parsimonia per dare un
tocco speciale ai piatti. Per cucinare, invece, è preferibile il
sale comune, meglio
marino che
salgemma (di miniera) e possibilmente integrale, più saporito e ricco di minerali e oligoelementi preziosi per l’organismo. Quello raffinato è invece composto solo da cloruro di sodio. Consigliato anche il sale iodato, arricchito di iodio, un minerale raro negli alimenti che è importante per il buon funzionamento della tiroide.