I più buoni in assoluto li faceva mia nonna. I suoi supplì al telefono erano sublimi e il ricordo sicuramente ne rafforza il sapore. Grazie alla sua parentesi di vita romana aveva imparato a prepararli alla perfezione e il gioco che ne conseguiva era aprirli a metà e gareggiare con i miei cugini per vedere chi di noi riusciva a fare “il filo” (del telefono!) più lungo. Confesso, a casa non li ho mai preparati, forse per pigrizia, forse perché l’emulazione mi avrebbe visto sconfitta, ma di recente mi è capitato di assaggiarli a Roma dove potete addirittura fare un tour gourmand: Arcangelo, Venanzio, Gatta mangiona, Pizzeria re di Roma, Pizzarium, 00100, Sforno, Franz, Sisini... Tanto per citare un po’ di locali dove mangiare i migliori.
Il termine supplì, che sembra derivi dal francese surprise (sorpre - sa) diventato via via surprisa, supprisa, supprì e infine supplì, è citato per la prima volta nel 1846 nel Vocabolario domestico del purista Tommaso Azzocchi. Nello stesso anno il poeta Gioacchino Belli lo riporta nel sonetto Il Papa paragonando il copricapo papale a un “zuppriso” ossia a “una pallottola ovale di riso fritto”. Soltanto Ada Boni lo chiama al femminile “la supplì” o “le supplì “e la sua ricetta del 1929 è considerata la migliore interpretazione del piatto, il cui sapore unico è dato soprattutto dall’unione della mozzarella, o meglio dei “dadini di provatura”, con le rigaglie di pollo. Proprio quel gusto irresistibile che persino lo scrittore James Joyce, nel 1927 a Parigi, ricordava a Sibilla Aleramo così vivamente, nonostante i ventidue anni ormai trascorsi dal suo soggiorno romano.
A questo punto non vi rimane che assaggiarli questi “supprì ar telefano”, ma quando e come? La risposta viene da Giggi Fazi famoso ristoratore degli anni ‘50 nella Roma della dolce vita: “reggheno da soli er posto de l’antipasti”, ma “ponno regghe pure er posto der primo piatto”.
di Laura Maragliano
Oltre ai supplì al telefono, su Sale&Pepe in edicola dal 20 maggio potrai trovare:
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