Siamo sempre più veg. È quello che risulta da una recentissima indagine Gfk Eurisko “Buono, da pensare”, fotografia dell’evoluzione della cultura alimentare italiana, con un focus sul boom della cucina vegetale.
Fra i dati analizzati, che contemplano un arco temporale lungo 20 anni, emerge una piccola sorpresa che si potrebbe riassumere così: “La carne? Se per i miei genitori rappresentava 1/3 del budget alimentare, oggi pesa alla cassa per poco più di 1/5”.
Dal 2006 a oggi sono 2 milioni gli italiani che hanno preso le distanze dalla carne, con il 18,1% che la consuma meno di una volta a settimana, mentre aumentano quelli che si ispirano a modelli vegetariani e vegani. Questi ultimi, in particolare, raccolgono consensi dal 3% degli intervistati, identificando un’Italia vegan-friendly fatta di più di un milione di persone tra i 18 e i 64 anni.
Un trend che sta cambiando non solo le nostre cucine casalinghe, ma anche quelle dei ristoranti, dove sempre più spesso gli chef si misurano con una clientela che chiede piatti più “green”.
Una sfida che in molti sono pronti a raccogliere. Come Errico Recanati, cuoco “onnivoro” del Ristorante Andreina di Loreto (AN) (clicca qui), "convertito" al vegan per il buffet allestito in occasione della presentazione della ricerca. Il perché della scelta di uno chef non propriamente vegetariano è presto detta: a commissionare la ricerca a Gfk Eurisko è stata infatti TreValli Cooperlat (clicca qui) importante realtà marchigiana che non poteva che rivolgersi a un ristoratore delle sue terre. Chiamato a cucinare un menu diverso dal solito, anche impiegando i nuovi prodotti della linea Ogm Free “Hoplà Idee di soia”, con la quale l'azienda cooperativa intende andare incontro alle esigenze di consumatori sempre più attenti all'origine degli alimenti, compreso quel 54% che, nell'ultimo anno, si è avvicinato ai prodotti di origine vegetale.
Sulla tavola veg allestita per la serata, Errico ha dunque scelto di mettere, fra gli altri, un'insalata di legumi con le cicerchie della tradizione marchigiana, la misticanza con i fiori eduli del suo orto, i tortini di avocado e latte di soia, quelli di ceci e fragole e il frescarello, una polentina tipica di riso e farina di tipo 2, con pomodoro e maggiorana.
"Povero" ma molto creativo il suo risotto con brodo di bucce di patate, crema di patate cotte sotto la brace e una farina di bucce tostate.
Goloso il seitan, sia in versione spiedino con crema di rapa rossa che spadellato ad alta temperatura e servito con una riduzione dell'acqua di cottura dello stesso seitan.
Deliziosi i dolci finger food, con panna e creme rigorosamente vegetali a base soia, abbinati con la frutta di stagione, dalle fragole ai lamponi, con il cioccolato e con il caramello.
Tanta creatività, si diceva, perché Errico si è trovato, per certi versi, a lavorare con materie prime per lui inusuali.
Infatti, il suo ristorante, in attività da 57 anni, è famoso soprattutto per lo spiedo, simbolo del locale e della cucina, per la selvaggina, per la brace su cui cuoce i fegatelli, l'agnello, persino il baccalà.
Ma in carta, accanto alle specialità di terra e di mare che gli hanno fatto meritare, dal 2012, la stella Michelin, non mancano piatti vegetariani come il celebre Carciofo di Montelupone fritto nel Verdicchio (una sorta di oliocottura "sigillata" dal vino bianco marchigiano) con flan di pecorino di fossa e pera caramellata.
Del resto, nella cucina marchigiana gli ortaggi hanno un ruolo di primissimo piano. Errico, che più di tutti predilige il gusto affumicato, cuoce sotto la cenere le cipolle e i tuberi, lavora con prodotti coltivati in proprio e confessa: “Il momento migliore della mia giornata è dalle 8 alle 9.30 quando, lasciati a scuola i bambini, vado a fare la spesa e scelgo gli alimenti freschi". Non solo, perché Errico è anche un attento selezionatore e sceglie con cura ogni prodotto destinato a entrare nella sua dispensa. Come l'olio di tenera ascolana Spalià, prodotto da Walter Cestini, di cui acquista l'intera produzione.
Un amore per gli ingredienti che arriva da lontano, dall'essere cresciuto nella cucina prima della nonna e poi della mamma, che ancora oggi aiuta al ristorante. E approfondito lavorando insieme a chef del calibro di Gianfranco Vissani e Pietro Leemann, patron della più prestigiosa cucina vegetariana d'Italia, quella del Joia di Milano: “Da lui ho imparato a dare importanza ai prodotti, a rispettarne il colore, la struttura e, naturalmente, il sapore”.
Tanta passione per la materia prima e per il territorio, dunque, ma anche tanto studio nell'ideazione delle ricette: “I piatti nascono e si evolvono prima di arrivare alla versione definitiva”. Tuttavia Errico non è tipo da perdersi in speculazioni filosofiche. Il suo motto? “La cucina si morde!”. Un pensiero concreto, perfettamente in linea con il concetto di “Buono, da pensare”. Che è anche, naturalmente, buono da mangiare.
Francesca Romana Mezzadri
14 maggio 2015