Sapere cosa compriamo e cosa mangiamo diventa più facile.
Persino per i presbiti.
Merito dell'entrata in vigore del regolamento comunitario 1169/2011 che uniformerà le etichette alimentari di tutti i Paesi dell'Unione Europea "affinché i consumatori vedano facilmente le informazioni nutrizionali essenziali al momento dell’acquisto degli alimenti".
E se si parla di "vedere", la priorità è giustamente quella di definire la dimensione dei caratteri tipografici utilizzati: dovranno essere ben grandi, cioè con dimensioni non inferiori a 0,9 mm per le confezioni più piccole (sotto gli 80 cm quadrati) e di 1,2 mm per i packaging più grandi ma solo in caso di mini imballaggi inferiori ai 10 cm quadrati potranno subire qualche taglio delle voci meno importanti.
In una trentina di pagine consultabili online i legislatori hanno poi elencato tutte le informazioni necessarie e obbligatorie per stampare etichette dal contenuto in regola.
Tra le grandi novità compare la necessità di specificare il tipo di grasso utilizzato che non potrà più essere liquidato come vegetale o animale, ma precisamente denominato come "olio di arachidi", "grasso di palma" e così via.
Obblighi più severi anche per il metodo di lavorazione e le immagini: il primo diventa imprescindibile in caso di alimenti decongelati, le seconde dovranno essere fedeli al contenuto della confezione e tali da non indurre il consumatore in confusione.
Si dovrà dichiarare la tecnica di cattura del pesce, mentre luogo di allevamento e di macellazione diventano necessari per qualunque tipo di carne e non solo per quella bovina. Tuttavia per adeguarsi a quest'ultima regola c'è tempo fino al prossimo aprile.
In caso di formaggi, uova, merendine e altri alimenti porzionati la data di scadenza dovrà essere indicata su ogni singolo pezzo e non sull'imballaggio complessivo.
Quanto ai valori nutrizionali, i produttori che ancora non li stampano volontariamente, hanno due anni di tempo per uniformarsi dopodiché saranno fuori legge.
Un intero articolo, il numero 21, riguarda infine gli alimenti che possono provocare allergie.
Per loro la legge non fa sconti e prevede l'obbligo di rafforzarne ulteriormente la visibilità utilizzando caratteri in grassetto e colori a contrasto.
Tra questi alimenti figurano i "soliti noti" come il glutine, le uova, la frutta in guscio, le arachidi, i molluschi e i crostacei, il latte e i suoi derivati, ma anche alcune sorprese quali la soia, il sedano, l’anidride solforosa, i lupini e la senape.
L'obbligo di mettere in guardia eventuali consumatori sensibili, intolleranti o allergici, poi, non riguarda solo la grande distribuzione ma chiunque venda questi cibi crudi e cotti nonché inseriti nella preparazioni più varie.
Per la prima volta l'obbligo di etichetta sbarca così tra fornai, gastronomie, salumifici, per non parlare di bar ed esercizi di ristorazione di ogni genere: dalle mense ai locali stellati.
Daniela Falsitta,
11 dicembre 2014