“Poco sale, poco fumo e molta aria”. È questo il segreto dello speck altoatesino che, dopo salagione e affumicatura leggere, viene fatto stagionare all’aria fresca di montagna. Furono i contadini delle valli che, per conservare la carne di maiale e mangiarla durante il lavoro, già nel 1200 s’inventarono questa prelibatezza. Riunendo in un solo prodotto due anime diverse: quella nordica dell’affumicatura e il tocco mediterraneo della stagionatura all’aria, tipico dei nostri prosciutti.
Oggi le caratteristiche “baffe” (i singoli pezzi dalla forma appiattita) si ricavano da cosce di suino magre e sode provenienti da allevamenti europei: soprattutto dalla Germania e solo in piccola parte dall’Italia, perché i nostri maiali hanno la carne troppo grassa. Cosparse di una miscela di sale, pepe e aromi (ginepro, alloro, rosmarino), che ogni produttore compone secondo la sua ricetta segreta, vengono prima salmistrate e poi affumicate a freddo con legna poco resinosa, dall’odore delicato. Infine si passa alla stagionatura all’aria, in locali ventilati, per circa 22 settimane: il salume perde un terzo del suo peso e si ricopre di uno strato di muffa naturale aromatica, poi rimossa.
Oggi il prodotto è più leggero e meno salato di un tempo: negli ultimi 15 anni i grassi sono stati ridotti al 23% e il contenuto di sale non deve superare il 5%. Nel 1996 lo speck Alto Adige ha ottenuto l’Igp: la cotenna è marchiata a fuoco e le confezioni riportano il sigillo di qualità, una pettorina verde che richiama quella dei pantaloni di pelle tirolesi.
Non solo canederli
Carni sode e profumate, leggero sentore di affumicato, gusto intenso. Lo speck è ottimo al naturale, tagliato a fettine molto sottili, sempre controfibra e privato della cotenna, o a listarelle. L’importante è gustarlo a temperatura ambiente, togliendolo dalla confezione almeno due ore prima, perché “respiri” come dicono gli intenditori e, a contatto con l’aria, liberi aromi e sapori. Servitelo con formaggi, melone o fichi, mozzarella, insalata, patate bollite, asparagi, carpaccio di funghi.
Come ingrediente, è molto versatile, non solo per piatti tradizionali come i canederli o la zuppa d’orzo. Provatelo nel risotto, con i porri, la verza, le zucchine, la zucca, la scamorza oppure dadini di mela o di pera; nelle paste, con il radicchio, le zucchine, i funghi; sulla pizza e con la polenta. Il suo gusto deciso è ottimo anche per i ripieni e si sposa con le carni, in particolare di maiale, e persino con pesci come il salmone, la sogliola, il persico, in rotolini o spiedini.
di Marina Cella, foto di Alkèmia e Maurizio Lodi, ricetta di Livia Sala