Varsavia è una città dolce e fiera, dalla notte dei tempi. Una leggenda racconta che nella notte dei tempi due sirenette dagli abissi marini più lontani e profondi si trovarono nel mar Baltico: una nuotò verso le coste danesi e arrivò a Copenhagen, mentre la sorella approdò a Danzica, per poi risalire la corrente della Vistola e giungere a Varsavia.
La storia vuole che con il suo canto conquistò i pescatori, ma un brutto giorno un uomo ricco e senza scrupoli laimprigionò e la sirenetta visse in cattività, finché un giovane pescatore la liberò. Come segno di riconoscenza la sirenetta si armò di scudo e spada, da quel giorno promise di vegliare sulla capitale e si dichiarò per sempre pronta a sguainare le sue armi e le sue arti magiche può di difendere la città che le aveva ridato la libertà.
Si tratta solo di una leggenda, certo, però dice molto sul carattere della capitale polacca. Varsavia è una città fiera e indomita, pur nella sua dolcezza. La Polonia ha un passato poco noto ai più, fatto di grande cultura, democrazia e tolleranza. Già nel ‘500 il monarca era scelto per via elettiva, inoltre l’élite nobiliare investiva per costruire biblioteche, parchi pubblici e università e ai cittadini era garantita libertà di culto e di espressione.
È la città che ha visto crescere il piccolo Fryderyk, fino a diventare il grande Chopin, così come anche la prima donna professore della Sorbona, la due volte premio Nobel Marie Curie. È il Paese che vanta la prima costituzione europea (e la seconda del mondo dopo quella americana) ed è qui che le donne hanno votato per la prima volta i loro rappresentanti, prima ancora che in Francia e Usa. Il suo passato tuttavia è anche un passato doloroso di smembramenti, morte e distruzione. In un periodo, alla fine del ‘700, è scomparsa dalle cartine geografiche per oltre cento anni, spartita come un bottino tra Austria, Prussia e Russia.
Nel 1939 fu invasa dai nazisti dopo aver riconquistato da poco l'indipendenza e nel 1944, dopo una coraggiosa resistenza, rasata al suolo. Nello stesso periodo storico la città ha assistito attonita alla mattanza degli ebrei che costituivano il 30 per cento della popolazione: queste persone furono rinchiuse nel ghetto e sterminate o deportate.
Dopo aver assaporato per un brevissimo periodo la liberazione dal giogo tedesco ha dovuto cedere alla soffocante influenza del comunismo sovietico, ancora oggi simboleggiata dall’imponente Palazzo della Cultura e della Scienza che osserva la città dall’alto dei suoi 213 metri. Gli abitanti lo definiscono il “dono” di Stalin alla capitale, non dimenticano mai di trascrivere tra virgolette la parola dono. Eppure Varsavia e tutto il paese in generale non si sono mai arresi. Nel corso dei secoli questa nazione si è adattata con dignità alla storia, senza tuttavia rinunciare alla propria identità.
I suoi abitanti hanno radici disparate, tedesche, svizzere, russe, ungheresi e persino greche, eppure la città non è un semplice melange: ha un carattere tutto suo. E ora sta vivendo un presente di pace che lascia spazio a una creatività che si manifesta in modo classico, con esposizioni artistiche a cielo aperto, concerti e grandi eventi culturali, fieristici e sportivi, ma anche in modo più mondano, con l’apertura di numerosi locali giovani e di tendenza.
Tra bar, ristoranti tradizionali e internazionali, birrerie, luoghi di ritrovo, baracchini dedicati allo street food, spazi pubblici votati a diventare luoghi di ritrovo per mangiare un boccone con gli amici, fare due chiacchiere e, perché no, fare anche la spesa.
È una città dove il passato travagliato e doloroso, rappresentato da cimiteri storici, resti del ghetto e monumenti ai caduti e al milite ignoto, si fonde in modo armonioso con una lunga tradizione di fiera libertà e fioritura culturale.
Anche se il centro storico è stato raso al suolo durante la seconda guerra mondiale, come del resto il 90 per cento della città, gli abitanti lo hanno ricostruito, quasi fedelmente, meritando dall’Unesco l’inserimento nei patrimoni dell’Umanità. E non solo: è una città ricca di musei, palazzi dalle fogge assai diverse (dalle costruzioni sovietiche a quelle barocche) e soprattutto di rilassanti spazi verdi.
Varsavia vanta i giardini più belli e vasti d’Europa: sono per gli abitanti e i turisti salotti a cielo aperto che loro sono abituati a vivere con piacevole disinvoltura. Nei parchi cittadini si incontrano persone di tutte le età, da sole o in compagnia, che passeggiano, si intrattengono e spesso se ne stanno sedute su una panchina o su un prato per leggere un buon libro.
Il verde per loro è luogo di creatività non chiassosa, spazi di relax, dove la vista si può perdere nel verde e la fantasia può correre libera ascoltando il rumore dei ruscelli o rincorrendo con lo sguardo i giochi di volpi, anatre, pavoni e scoiattoli.
Barbara Roncarolo
novembre 2014