Il
cinghiale appartiene alla famiglia del
maiale e vive allo stato brado nelle zone boschive, dove negli ultimi anni si è moltiplicato a dismisura, creando seri danni all’agricoltura. Essendo però un animale protetto, se ne può abbattere un numero limitato di capi e, al di fuori della stagione venatoria, le carni in vendita sono di allevamento mentre quelle selvatiche arrivano, surgelate, dai Paesi dell’Est.
Un’eccezione è quella della provincia di Bologna, dove è stato avviato un progetto di selvaggina locale tracciata disponibile tutto l’anno. La
carne di cinghiale, che viene frollata più o meno a lungo a seconda dell’età dell’animale (da 6 mesi a 3 anni), ha un
sapore corposo e profumato ma ha perso le note molto selvatiche e ferrose di un tempo; è quindi necessario marinarla solo per le lunghe cotture.
Gli esemplari locali di
cinghiale sono molto magri (hanno meno colesterolo del pollo) e, quelli selvatici, anche molto teneri. Sono quindi adatti ai classici brasati e spezzatini (pancia o costoline, stinco) o per il ragù ma anche per
cotture al forno (coscia, spalla, carré), in padella e alla griglia (costolette, filetti).