Se la mucca ride, anche gli allevatori sono contenti. Questa è la filosofia del Consorzio Trento che lo ha fatto proprio e hanno cambiato lo stile di vita delle mucche.
Da semplici lataroi (allevatori che portavano in paese il bidoncino del latte per sperare di venderlo) ad azienda prospera e tecnologicamente controllata.
Una volta gli allevatori vivevano in casa con le proprie mucche ora, circa 50 anni dopo, le stalle sono stellate e l'Europa viene a guardarle e imitarle.
Ma come vincono la crisi? Unendosi in consorzio, di vari e pochi soci, selezionati e validati secondo una rigida istruttoria preliminare per stabilire la reale capacità produttiva e rispettando uno standard chimico-fisico e batteriologico molto più rigido.
Questo comporta analisi e ispezioni continue, quasi paranoiche, lungo tutta la filiera e interventi immediati in caso di irregolarità.
I risultati si vedono: al latte Trento è normalmente riconosciuto il 10% in più del prezzo di mercato dalla grande distribuzione e grazie al consorzio il latte Trento viene ritenuto un latte superiore.
600 chilometri più a sud, in provincia di Viterbo, a Nepi si punta sull'innovazione: l'impresa agricola Palombini ha investito 3,5 milioni di euro in tecnologia.
Impianto di biogas per riciclare gli scarti organici delle mucche producono fertilizzante naturale, il tetto è ricoperto di pannelli per ottenere autonomia energetica con il fresco d'estate e il caldo d'inverno, oltre che vendere l'energia a 6000 persone e, ultimo ma fondamentale punto, le mucche hanno delle cuccette singole per maggiore comfort e migliori risultati.
La realtà economica del paese Italia è in trasformazione e la crisi ha messo a dura prova tutti i settori. Il consorzio Latte Trento con i suoi 350 allevatori non ha perso nessun posto di lavoro grazie anche al più famoso detto "l'unione fa la forza" mentre la piccola azienda agricola vicino a Roma ha investito in innovazione e riciclo puntando a "rifiuti zero".
Diego Stadiotti
9 giugno 2014
Photo credit: © Paul Hardy/Corbis