Vercelli e il riso? Una love story che dura da sei secoli, da quando cioè i monaci dell’Abbazia di Lucedio (appena fuori città) decisero di bonificare le paludi che circondavano il loro monastero. I fraticelli trovarono un prezioso alleato nel riso, che ama i terreni impregnati d’acqua e così, quasi per caso, partì la grande avventura del cereale nel terroir di Vercelli. La città diventò, ben presto, la piccola capitale di questa coltura e della capitale acquistò fascino e importanza.
Tra i suoi vicoli e le piazze non mancano, testimonianze artistiche di livello, tutte ispirate alla sobrietà e al rigore. Nella chiesa di Sant’Andrea, opera della bottega dell’Antelami (l’archistar medievale che realizzò il Battistero di Parma), il mix di elementi gotici e romanici, le navate illuminate da rosoni contrapposti, le arcate del chiostro sono una celebrazione di armonia e misura.
Da Tiziano a Andy Warhol
Pur presentando elementi architettonici d’epoche diverse (un campanile medievale, una facciata settecentesca, una cupola classicissima), il complesso del Duomo esprime un perfetto equilibrio. Sempre in tema di sobria eleganza ecco Piazza Cavour, l’antica Piazza Maggiore, circondata da suggestivi portici medievali, come medievali sono le numerose case torri che si incontrano per la città (Torri dei Tizzoni, Vialandi, Comunale). Nella hit list cittadina entra pure a buon diritto la chiesa di San Cristoforo, ricoperta dai preziosi affreschi di Gaudenzio Ferrari, uno degli artisti più quotati del Rinascimento piemontese e lombardo. E c’è anche il Museo Borgogna che ospita le opere donate alla città dal collezionista Antonio Borgogna: sala dopo sala, vi si ammirano capolavori di Tiziano e Palma il Vecchio, del Sodoma e del Bergognone, di Bernardino Luini e di Induno, solo per citarne alcuni.
Ultima, in ordine di tempo, viene ARCA, struttura hi tech in vetro e acciaio costruita all’interno della chiesa sconsacrata di San Marco. Le pareti trasparenti del gigantesco parallelepipedo lasciano intravedere l’architettura della chiesa e i suoi affreschi quattrocenteschi. Inoltre ARCA è una succursale dei Musei Guggenheim sparsi nel mondo: da Bilbao, da Venezia, da New York, arrivano a Vercelli le opere collezionate dalla mitica Peggy per dare vita a mostre top di arte contemporanea.
Far la spesa nelle antiche cascine
Per sapere qualcosa di più sul riso (e fare scorta di quello “nuovo”, visto che la raccolta è stata appena ultimata), si deve uscire dalla città e percorrere la “strada delle Grange”, che costeggia le tenute agricole e prende il nome dagli antichi depositi delle derrate alimentari. Dell’Abbazia di Lucedio originaria rimangono solo la torre campanaria e l’aula capitolare. Ma resta anche la “vocazione” agricola dell’edificio, sede di un’azienda tra le più importanti della zona, il Principato di Lucedio, che produce riso di elevata qualità. Sulla strada si trova un’altra “grangia”, la maestosa Darola, che conserva una porta a torre, la chiesa settecentesca e le corti dove alloggiavano coloni e mondine.
Sulla via del ritorno, a Lignana, la Cascina Venerìa è quella dove fu girato “Riso Amaro” (con l’indimenticabile Silvana Mangano in audaci hot pants). Oggi è la più grande tenuta della zona e una delle poche che lavora a ciclo completo: dalla coltivazione al confezionamento. Il riso, naturalmente, ricopre un ruolo da vero mattatore nelle specialità gastronomiche del vercellese. Baldo, Arborio, Maratelli, Carnaroli e Sant’Andrea hanno tutte una loro precisa destinazione d’uso, dai primi ai dessert, anche se la preparazione più tipica è il risotto, che a Vercelli viene abbinato a tutto ciò che offre il mercato nelle diverse stagioni: porri e asparagi, zucca e cipollotti, rane e costine di maiale. La sua versione top, impensabile senza ingredienti autoctoni, è la panissa: riso Carnaroli, fagioli di Saluggia e il salame “d’la duja”, conservato sotto grasso.
a cura di Daniela Falsitta, testo di Enrico Saravalle, ricette di Giovanna Ruo Berchera, realizzazione e foto dei piatti di Ilva Beretta