Tempo, pazienza, una ricetta codificata nei secoli: sono gli "ingredienti" dell’aceto balsamico, una delizia gastronomica che da Modena e Reggio Emilia, dove è da sempre apprezzato, ha trovato fan in tutto il mondo, tanto da sostituire in molti bar e ristoranti quello di vino. Il merito del successo si deve, in buona parte, al fascino gourmand dell’aceto balsamico "tradizionale", raro e costoso per i lunghissimi tempi di produzione: da 12 anni in su, con concentrazioni successive del mosto, da uve trebbiano o lambrusco, cotto per 24 ore (da 350 chili d’uva si ricavano 15 litri d’aceto).
Invecchia poi in botti sempre più piccole di legni diversi che imprimono ciascuno una sua nota al bouquet finale (per esempio castagno per accentuare l’agro, ciliegio per le note dolci). Alla fine si ottiene un elisir bruno, sciropposo, con un profumo ricco e un sapore agrodolce e vellutato. Una lacrima, a crudo, è sufficiente per sprigionare tutto il suo magico potere sulle pietanze. C’è anche chi lo sorseggia puro a fine pasto, come digestivo, o prima, come aperitivo. L’aceto "alla modenese", apprezzato già in epoca romana, si è meritato l’aggettivo "balsamico" perché, oltre a rendere uniche le pietanze, risollevando lo spirito di chi le gusta, per lungo tempo si è visto attribuire virtù terapeutiche, per esempio per lenire i fastidi dell’ulcera. Oggi si riconosce dall’etichetta, che riporta la dicitura "tradizionale", la Denominazione di Origine Protetta "Aceto balsamico tradizionale di Modena" e il sigillo col marchio di tutela del Consorzio.
Non solo tradizionale
Se il "tradizionale" è una chicca per intenditori, l’aceto balsamico di Modena IGP (Indicazione Geografica Protetta, dal 2009), che pure vanta una denominazione d’origine, è una bontà alla portata di tutte le tasche. Prodotto da piccole e medie imprese in Emilia Romagna già da vari decenni, è ottenuto con una miscela di mosto cotto e mosto concentrato (da uve coltivate solo nella regione), con l’aggiunta di aceto di vino invecchiato. Anche la maturazione avviene in botti di legno diverso. I tempi di lavorazione però sono decisamente più corti, anche se il prodotto può essere affinato per oltre 3 anni.
A tavola, comunque, può essere utilizzato come il meraviglioso elisir a cui si ispira: dosato con parsimonia, rende speciali le insalate, le verdure cotte o alla griglia o in scapece (come le zucchine fritte e marinate con menta, prezzemolo, aglio e aceto balsamico). È strepitoso sul risotto, dà una particolare sfumatura al fondo di cottura del filetto e degli arrosti, insaporisce le scaloppine, le bistecche, il bollito, il pesce, le frittate. Delizioso sulle scaglie di grana come stuzzichino e perfino a fine pasto: a sorpresa regala un tocco speciale al gelato di crema o allo zucchero con cui insaporire le fragole o a cibi un po’ “sbiaditi”, come un melone poco saporito. Un vero balsamo anche in cucina.
a cura di Marina Cella, testo di Mariateresa Truncellito, foto di Maurizio Lodi, ricetta di Livia Sala