Tra Paesi emergenti e consumi interni in aumento (sono 5 milioni i musulmani in Italia), conquistare il mercato del cibo Halal è una grande sfida e un’occasione di crescita per tutte le aziende del settore agroalimentare italiano.
Lo sostengono in molti, a cominciare da Sharif Lorenzini, presidente della sezione italiana di Halal International Authority (Hia, ovvero l’unica istituzione riconosciuta a livello mondiale per la certificazione di qualità dei prodotti e dei processi secondo gli standard islamici), intervistato dall’Ansa in occasione di un grande evento: il World Halal Food Council, che si svolgerà a Roma da domani a venerdì. È la prima volta che tutti gli esponenti delle autorità mondiali e i rappresentanti dei 57 Stati Islamici che fanno capo all’Organization for Islamic Cooperation si riuniscono in Italia, segno che l’interesse per il made in Italy nel mondo mussulmano cresce e potrebbe significare un incremento dell’export.
“Stiamo parlando di un giro d’affari da tremila miliardi l’anno, in crescita di circa il 15% ogni anno, tra i 2 miliardi di musulmani nel mondo” ha dichiarato Lorenzini. Le aziende italiane, e non solo quelle alimentari perché anche per cosmesi e moda la Sharia stabilisce cosa può essere consumato (cosa è lecito, Halal, contrapposto a ciò che è proibito, Haram), sono pronte per la svolta.
Già 220 imprese italiane si sono certificate in tre anni, altre 60 stanno per ottenere la certificazione Halal e circa la metà di queste lo hanno fatto perché hanno ricevuto un ordine interessante dal mondo islamico.
“Sono partite con una percentuale di certificazione tra il 3% e il 5% ma in tre anni sono arrivate al 60-70%” ha concluso Lorenzini. Insomma riconsiderare i parametri di produzione dei cibi è una buona strategia di riposizionamento.
Anche perché Halal è sinonimo di alimenti sani, ingredienti supercertificati e, in ultima analisi, lavorazioni semplici, naturali e tendenzialmente genuine.
Un concept che, in tempi di crisi economica e impennata dei casi di obesità, con relativa cresciuta attenzione per i cibi di qualità, rischia di incontrare i gusti di tutti. E i suoi prodotti di essere destinati alle tavole di chiunque desideri mangiar bene e sano senza necessariamente sconfinare nella scelta bio, che ha altri plus ma anche altri prezzi. Il cibo Halal, dunque, non sarebbe destinato a incontrare solo i gusti di chi segue i dettami coranici, ma potrebbe trasformarsi in qualcosa di gusto molto più “ecumenico”. (Fonte: Ansa)
di Silvia Bombelli
26 marzo 2014
Photo credit: © Charles Pertwee/Corbis