Croccanti e ghiotti, dall’anima rustica, sono un piatto di sostanza e grande piacevolezza, semplicissimo da preparare. Questi gnocchi di tradizione spariranno in un baleno...
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Gli gnocchi alla romana, detti anche gnocchi di semolino, sono un piatto tradizionale della cucina contadina del Lazio, anche se curiosamente vengono rivendicati da quella pienontese, per via della presenza del burro. Si preparano con ingredienti poveri, come tanti altri piatti tipici della cucina di tradizione. Differiscono dalle altre tipologie di gnocchi per la forma particolare, che ricorda un dischetto piatto, e dal fatto che sono preparati senza farina e senza patate, bensì con un impasto di semola rimacinata di grano duro (semolino di grano duro), latte, tuorli, burro e parmigiano reggiano o grana padano, che viene passato in forno. Alcune versioni mischiano al parmigiano una percentuale di pecorino grattugiato.
Gnocchi alla romana: più antichi del pane
Lo sono davvero, considerato che – come la polenta – furono tra i primi cibi lavorati dall’uomo con farine di cereali. Non sono chiarissime le origini, sappiamo tuttavia che erano presenti già dai tempi dell’Impero romano: Apicio riporta nel De re coquinaria una ricetta diffusa a Roma che, sebbene in versione dolce con l’aggiunta di miele, ricorda moltissimo gli gnocchi alla romana.
Gnocchi alla romana: curiosità
Gli gnocchi o i gnocchi? I difensori della grammatica italiana non hanno dubbi: lo gnocco, gli gnocchi. Ma non è sempre così. Anche l’Accademia della Crusca, custode indiscusso dell’idioma italico, riconosce che in questo caso c’è un’anomalia nella scelta dell’articolo: “‘lo’ e ‘gli’ sono le forme corrette e al momento più usate” dice la Crusca, ma aggiunge: “…sono stabilmente presenti nell’uso colloquiale, soprattutto dell’Italia settentrionale, il gnocco/ i gnocchi… forma meno corretta comunque ampiamente impiegata”.
Gli gnocchi di semolino sono protagonisti di un paio di noti detti romani: oltre alla tipica espressione in romanesco “Ridi, ridi che mamma ha fatto i gnocchi” – generalmente rivolta, , con accezione sarcastica, a chi è colto da un attacco di ridarella fuori luogo – troviamo il classico “Giovedì gnocchi, sabato trippa”, che si riferisce al fatto di dover mangiare economico ma robusto prima del giorno di digiuno, il venerdì (venerdì pesce), mentre al sabato si poteva tornare a mangiare la carne. Un detto emblematico della cultura gastronomica italiana del dopoguerra.
Gnocchi alla romana: la ricetta classica
Si cuoce il semolino setacciato nel latte aromatizzato con noce moscata in un tegame, finche si otterrà un composto di una consistenza simile alla polenta. Poi, fuori dal fuoco, si aggiungono nel tegame burro, tuorli e formaggio grattugiato (parmigiano, grana, pecorino), mescolando finché ben amalgamati. Trovate le dosi e la ricetta base qui.
Si stende il composto ottenuto su un foglio di carta forno: potete poi ricavare tanti dischetti con un bicchiere dai bordi inumiditi, capovolto, oppure con uno stampino. Disponete gli scarti ricavati dal taglio sul fondo di una pirofila imburrata, copriteli con i dischetti leggermente sovrapposti, irrorate con burro fuso, spolverizzate di parmigiano e passate in forno a gratinare.
In alternativa, per ricavare i dischetti senza scarti, arrotolate il foglio di carta da forno su cui avrete steso il composto, formando un salsicciotto (con attenzione perché il composto sarà bollente). Fatelo raffreddare e poi tagliatelo a fette con un coltello dalla lama inumidita. Disponete i dischetti leggermente sovrapposti sul fondo della pirofila imburrata, irrorate con burro fuso, spolverizzate di parmigiano e passate in forno a gratinare.