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Nelle paste salentine si usa spesso mescolare la semola con altre farine, in particolare quella di orzo. Questa tradizione è tipica soprattutto per i minchiareddhi. Preparate dei cordoncini sottili lunghi 10 cm, infarinateli con la semola e avvolgeteli a spirale intorno allo spiedo, quindi sfilatelo.
Si può scegliere la semplice o la rimacinata. La prima è da preferire perché perché tiene meglio la cottura ed è più profumata e digeribile. Molti tuttavia utilizzano la seconda per avere una pasta meno rustica.
Tutte le paste di quest'area della Puglia prevedono gli stessi ingredienti: semola di grano duro e acqua: paste povere, ma ricche di sapore e con quella rugosità che agguanta il condimento alla grande. Sono cinque i formati più diffusi, capunti (capunti al sugo di scorfano con capperi e capunti con sugo di moscardini), cavatelli, sagne (sagne 'ncannulate), maritate (maritate con le seppie) e i nostri minchiareddhi. Le dosi sono di circa 120-130 g di pasta fresca a persona.
1 
Sbucciate la cipolla e tritatela. Lavate i peperoni, puliteli internamente e tagliateli a striscioline lunghe quanto i minchiareddhi. Soffriggete metà della cipolla con un po' d'olio, unite i peperoni e cuoceteli coperti per circa 15 minuti, finché saranno teneri: condite con sale, pepe e il peperoncino tritato e privato dei semi.
2 
Intanto, in un'altra padella, soffriggete la cipolla rimasta. Tagliate il baccalà a dadi, infarinateli nella semola e rosolateli con la cipolla per 4-5 minuti; sgocciolateli su un piatto e salateli poco.
3 
Lessate i minchiareddhi in abbondante acqua bollente salata, scolateli al dente e versateli nel tegame con i peperoni: fateli insaporire per qualche istante, unite il prezzemolo lavato e tritato e serviteli. Completate con i dadi di baccalà.
settembre 2024
ricette di Giovanna Ruo Berchera, foto di Maurizio Lodi