Versione unica della tradizionale pasta al forno, sono l'emblema del territorio di Macerata
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Piatto della tradizione gastronomica marchigiana e in particolare del territorio di Macerata, i vincisgrassi sono una ricca pasta al forno, un tempo riservata ai giorni di festa. Da non confondere con le lasagne emiliane, la specialità maceratese è riconoscibile per i sette-otto morbidi strati ben visibili di sfoglia all'uovo addolcita da un goccio di vin cotto, che si alternano, bilanciandolo, a un ragù connotato dal sapore robusto delle rigaglie di animali da cortile. Un piatto talmente identitario che è stato messo a punto un apposito disciplinare per codificarne ingredienti e preparazione, per poi registrarlo come Stg - Specialità Tradizionale Garantita, con la denominazione "Vincisgrassi alla maceratese", il riconoscimento europeo che nel comparto delle preparazioni italiane ha ottenuto solo la pizza napoletana. La ricetta del disciplinare lascia un certo margine soprattutto nella tipologia e quantità di carni e frattaglie utilizzate nell'elaborazione del sugo. E non a caso, perché si possono contare tanti vincisgrassi quante sono le donne marchigiane, che hanno raccolto le personali ricette tenacemente tramandate da mamme e nonne per oltre un secolo. Correva infatti l'anno 1891 quando gli allora chiamati "vigras" apparvero nella raccolta anonima Il cuoco perfetto marchigiano nel capitolo timballi. Una versione ritrovata anche in un ricettario stampato trent'anni prima, Il cuoco delle Marche, anche questo anonimo. La prima codifica dei vincisgrassi nella loro versione più vicina a quella attuale, con l'utilizzo del pomodoro nel sugo, risale invece al 1927, nella Guida in cucina, 503 ricette marchigiane e regionali del maceratese Cesare Tirabasso, capocuoco del prestigioso hotel Europa. Pare che fu proprio Tirabasso ad attribuire l'origine del nome vincisgrassi, di fatto curioso, a un generale austriaco, tale Windisch-Graetz, vincitore dell'assedio di Ancona contro le truppe napoleoniche. Il nome del piatto sarebbe quindi l'italianizzazione del suo cognome, non è chiaro se per onorare il generale o perché avesse avuto modo di apprezzare questa specialità locale. L'ipotesi è suggestiva e ricalca il fil rouge delle leggende che aleggiano attorno ai piatti storici, ma poco probabile. Infatti, già nel 1776 Antonio Nebbia, nel suo Cuoco maceratese riporta una preparazione dal nome simile: la lasagna in princisgrass (inizialmente con prosciutto, nelle edizioni successive del ricettario con rigaglie), arricchita da tartufo nero.