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Carbonara Day: festeggiamo un piatto iconico, tra storia e ricette

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È forse il piatto che, più di tutti, identifica nel mondo la cucina tradizionale italiana. Raccontato in libri, giornali e film sin dagli anni Cinquanta, è ancora oggi protagonista a tavola e tra i gourmand. Che da sempre dibattono su ingredienti ed esecuzione corretta

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La carbonara è, forse, la ricetta che più di tutte identifica la cucina tradizionale italiana. Tanto da essere celebrata, per l’ottavo anno consecutivo, nel Carbonara Day, ideato dai pasta di Unione Italiana Food e diventato una sorta di spaghettata social diffusa non solo nel nostro Paese ma in tutto il mondo. Basti pensare che, lo scorso anno, l’hashtag #CarbonaraDay ha coinvolto oltre un miliardo di “pasta lovers”.

Un successo legato senza dubbio alla bontà del piatto, alla semplicità degli ingredienti e anche alle “dispute” che, soprattutto in rete, vedono contrapposti i pareri dei puristi e dei creativi, o più semplicemente, dei possibilisti: quanti credono che, come tutte le ricette, anche la carbonara possa evolversi, come effettivamente ha fatto negli anni, seguendo il gusto e le tendenze alimentari che cambiano.

Un po’ di storia

Delle origini storiche della carbonara si dibatte da sempre. C’è chi le vuole derivate dalla pasta “cacio e ova” della tradizione centritalica. Chi invece lega la sua nascita alle truppe alleate americane che a Roma, nell’immediato Dopoguerra, avevano sposato le uova in polvere e il bacon delle loro razioni alimentari con la tradizione locale. Insomma, della genesi non c’è certezza.

Più interessante, allora, andare a cercare testimonianze della sua esistenza in vita come ha fatto qualche anno fa Alessandro Trocino, giornalista e autore del libro “La carbonara non esiste” (Giunti), con un’indagine approfondita che riscostruisce la storia a suon di citazioni. La prima, nel 1950, sul quotidiano di Torino La Stampa, in un reportage da Trastevere, dove un oste invitata i soldati statunitensi a gustare i suoi spaghetti alla carbonara. Più o meno negli stessi anni, la nostra compare anche al cinema. In una scena di “Yvonne la Nuit”, Totò e Ave Ninchi chiacchierano alla cassa di una trattoria mentre passa un cameriere con una comanda: “Spaghetti alla carbonara per tre!”. Mentre Aldo Fabrizi, nel film “Cameriera bella presenza offresi”, durante un colloquio chiede alla giovane candidata: “Ma lei li sa fare gli spaghetti alla carbonara?”. A sorpresa, come racconta sempre Trocino nel suo libro, la prima ricetta scritta non è comparsa in Italia ma a Chicago, nel 1952, in una guida di ristoranti in cui era citato l’italiano Armando’s e i suoi tagliarini (thin wide noodles), mezzina (italian bacon) e Parmesan cheese. Mentre il Corriere della Sera, intervistando Gregory Peck nei giorni di “Vacanze Romane”, riportava la carbonara come piatto preferito dall’attore.

È del 1954 la prima pubblicazione ufficiale di casa nostra, sulla rivista La Cucina Italiana, con una versione che oggi ha scatenato numerose polemiche per la presenza di aglio, formaggio, gruviera e pancetta realizzata, in occasione del Carbonara Day, anche dal cuoco romano-de-Roma Max Mariola (foto in alto). Lo chef e personaggio televisivo, di recente approdato con il suo ristorante a Milano, racconta che nel solo mese di marzo sono stati più di 1.400 i piatti di carbonara (classica!) serviti ai suoi tavoli. Ma spezza una lancia a favore della ricetta d’antan, nella quale si usava semplicemente il formaggio che c’era a disposizione, le uova si cuocevano nella padella fin quasi a rapprenderle e un sentore d’aglio non si negava a nessuno!

LUIGI-CARNACINA-BORROMEES - courtesy of Archivio Andrea Lazzarini

È negli anni del boom che la carbonara intraprende la strada verso la codificazione (e la consacrazione!) definitiva. Iniziando con Luigi Carnacina (foto in alto), grande gastronomo che nel suo ricettario “La grande cucina” (1960) introduce il guanciale e - udite udite! – la panna, per aumentare la cremosità del piatto e sopperire, forse, alla secchezza del salume rosolato.

Altro punto di svolta, “Il grande libro di cucina” di Carlo Santi e Rosino Brera, maître e chef dell’hotel Excelsior di Roma, che per primi nel 1966 scrivono la ricetta giunta ai nostri giorni che al guanciale (foto in alto) accosta il pecorino, consigliando l’utilizzo di soli tuorli, invece che uova intere.

Tante ricette, tutte buonissime

Solo tuorli è il segreto per Eleonora Cozzella, foodwriter e critica gastronomica autrice di un altro volume contemporaneo, “La carbonara perfetta” (Cinquesensi Editore). Che, oltre a raccontare storie e retroscena, riunisce ben 33 ricette d’autore, non tutte ortodosse: “Perché se il cibo, oggi come oggi, è una religione, per fortuna abbiamo libertà di culto”, sottolinea. Ricordando, tra le tante, la versione vegetariana di Luciano Monosilio, guru romano della carbonara che ha voluto ricreare in versione senza carne con topinambur non sbucciati, sbollentati e poi rosolati in padella a creare una crosticina esterna croccante e un interno fondente, proprio come le parti grasse e magre del guanciale o della pancetta che dir si voglia. Secondo la scrittrice, ogni interpretazione è la benvenuta: da quella vegetale di Monosilio a quelle regionali che utilizzano formaggi e locali salumi. Come la pugliese con canestrato e capocollo, l’altoatesina con graukäse e lardo, la toscana con pecorino di Pienza e mezzina (lo stesso tipo di pancetta usata dai ristoratori di Chicago degli anni Cinquanta). Fino ad arrivare alle carbonare kosher e halal con “salumi” di capra o di agnello e persino a quelle... senza pasta. Tra gli esempi più inaspettati troviamo quindi “Quasi carbonara” di Massimo Sola, chef del Mamo Restaurant di New York: un sorprendente tuorlo coagulato a bassa temperatura con crumble di guanciale.

Il successo è tale che non c’è preparazione che non venga reinterpretata in chiave carbonara: dai supplì di Gabriele Bonci, dove gli spaghetti sostituiscono il riso, fino all’originale Carbonara Roll (foto in alto): un hosomaki con crema d’uovo, pecorino, pepe e guanciale proposto da Domò Sushi, nuovo indirizzo di cucina giapponese a Milano.

La carbonara a casa

Spaghetti alla carbonara con cavolini e polpettine

Tornando alla produzione casalinga, non c’è dubbio che anche nelle nostre cucine siano tante le carbonare possibili: arricchite, per esempio con i carciofi, eleganti in forma di timballini, rustiche con polpettine di salsiccia (foto in alto). Sebbene la preferita resti la classica, la più eseguita ai fornelli domestici e la più ordinata in delivery (secondo i dai di Just Eat, nei primi mesi del 2023 ne sono stati consegnati nel mondo 5.800 chili!).

Al condimento canonico si abbinano formati di pasta lunghi o corti. È nel team lungo, quindi spaghetto o tonnarello, chef Mariola, è per il corto, mezza manica o rigatone, Eleonora Cozzella. Ma ci si può sbizzarrire con i paccheri, gli spaghetti integrali (lo fa il cuoco vegano Simone Salvini), i risoni (amati da Elio Sironi) o persino la futuribile pasta stampata in 3D firmata BluRhapsody (foto in basso): cestini, nidi, girandole che accolgono la gustosa salsa.

Altra questione dibattuta, oltre alla presenza o assenza degli albumi, la manteca a freddo, nella zuppiera di servizio, scaldando le uova solo con un po’ di acqua di cottura della pasta (foto in basso), oppure sul fuoco, nella padella dove ha rosolato il guanciale: una tecnica, quest’ultima, che è necessario padroneggiare ma che, secondo lo chef, garantisce sicurezza igienica e maggior cremosità perché le uova, leggermente coagulate grazie al calore, danno una carbocrema (come ribattezzata dai foodies) più legata.

Come sia sia, mettere a tavola famiglia o amici intorno a una ricca carbonara rende tutti felici. A questo proposito, Eleonora Cozzella ama ricordare un motto di Alessandro Pipero, grande maître, sommelier e ristoratore romano: “La carbonara non viene sempre bene, ma viene sempre bona”.

Francesca Romana Mezzadri
PH Luigi Carnacina Courtesy of Archivio Andrea Lazzarini
Aprile 2024

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