Il museo, frutto dell’impegno e della volontà di Olga Urbani, racchiude la storia del territorio e della sua famiglia, imprenditori che da centosettanta anni hanno fatto del prezioso tartufo uno stile di vita
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Il sinuoso fiume Nera si muove in un contesto che vede alternarsi una natura indisciplinata - fatta di montagne e gole impenetrabili, piane improvvise e angoli incontaminati – e opere umane come mulini, ponti, chiese, castelli e torri di avvistamento dei secoli XIII e XIV. La Nera attraversa il cuore di Scheggino, perla della Valnerina, piccolo comune umbro in provincia di Perugia, patria dell’oro nero della terra, il tartufo. Qui ha sede dal 2012 il Museo del Tartufo Urbani, intitolato alla memoria di Paolo Urbani e situato – non a caso – in quello che fu il primo stabilimento dell’azienda, aperto dallo stesso Paolo Urbani alla fine del XIX secolo all’interno della propria abitazione.
Centosettanta anni di storia Sei generazioni della famiglia Urbani hanno saputo trasformare il tartufo in un simbolo identitario del suo territorio, un brand prezioso del Made in Italy che il marchio Urbani Tartufi ha reso famoso in tutto il mondo. Una famiglia di imprenditori, gli Urbani, che con Costantino nel 1852 avviò l’export dei tartufi freschi della Valnerina in Francia, a Carprentas in Provenza. L’esportazione fu accolta con successo e si diffuse rapidamente in tutta la Francia, per poi allargarsi a Germania e Svizzera, come pure nelle altre regioni d’Italia.
Il segreto del successo dei tartufi Urbani stava sì nella generosità del territorio vocato al meraviglioso tubero, ma anche nell’innovativo metodo di conservazione: alla fine del XIX secolo la «Ditta Urbani» ideava e applicava ai barattoli di vetro una nuova chiusura proprietaria, eliminando così l’inconveniente della chiusura col mastice fino ad allora utilizzata, un metodo che dava scarsi risultati nella conservazione del tartufo. Ai primi del Novecento, Carlo Urbani – figlio di Paolo Senior, siamo alla terza generazione della famiglia – volge lo sguardo oltreoceano e conquista i palati americani: è un grande successo, che legherà definitivamente il brand Urbani all’eccellenza del tartufo nel mondo e lo porterà in più di 70 Paesi.
Olga, anima di Urbani Tartufi La passione per il prezioso tubero e per il mestiere, di padre in figlio è arrivata oggi alla sesta generazione della famiglia. Carlo Urbani, il protagonista della tartuficoltura del XX secolo, è stato il nonno di Olga, quinta generazione e figlia unica di Paolo Urbani. La sesta generazione è oggi Francesco, figlio di Olga e animato dalla stessa passione dei suoi familiari, che con Truffland è riuscito a realizzare e commercializzare piante micorizzate al tartufo (foto sotto) sotto l’egida della sostenibilità e dell’Impresa 4.0. Olga Urbani (foto sopra) ne è orgogliosissima “La produzione spontanea si va assottigliando, è importante che il tartufo italiano non scompaia”, dichiara.
Olga Urbani – che interrompe la lunga catena di dirigenza maschile ed è oggi presidente della holding – è sempre più innamorata della sua terra: carattere forte e decisionista che le è servito molto nel rapporto con un papà prestigioso ed esigente con il quale si doveva sempre misurare, Olga Urbani per la tartuficoltura ha una passione immensa, premiata nel 2022 ricevendo l’onorificenza al merito di Cavaliere del Lavoro, la seconda in famiglia e un traguardo che la avvicina ancora di più al genitore. È lei la creatrice dell’Accademia del Tartufo Urbani, centro tecnologico gastronomico d’eccellenza e punto di riferimento mondiale per tutti gli chef, per lo scambio di conoscenze sul tartufo e i suoi utilizzi. Mancato il padre nel 2010, per celebrare il patrimonio e la storia dell’impresa e della sua famiglia, Olga ha iniziato un incessante lavoro di ricerca per costruire il Museo del Tartufo, aperto al pubblico nel 2012, che ha dedicato al padre.
Il museo: storie di arte e pazienza Il percorso espositivo è immersivo, questo è un “museo da vivere”: varcata la soglia, come per magia il visitatore entra nel mondo affascinante di uno dei cibi più pregiati, circondato dalle memorie tangibili di una famiglia che ha dato tutta la vita alla promozione e produzione del prezioso tubero. Con attenzione e massima cura, Olga Urbani ha tracciato meticolosamente un tragitto nella storia del tartufo in questa zona, che mostra i primi, ingegnosi macchinari che ne permettevano la produzione e il commercio e che svela i momenti che la famiglia Urbani ha dedicato alla ricerca, lavorazione, conservazione e diffusione del prezioso frutto della terra.
Il percorso ci mostra, tra i tanti attrezzi, bilance da tavolo ad alta precisione, un’ingegnosa spazzolatrice (foto sopra), gli strumenti per la pulizia e la sigillatura, le ceste di castagno intrecciate a mano, che oggi non ci sono più. Si entra in punta di piedi nello studio di Carlo Urbani (foto sotto), esattamente com’era, perché “nulla si è mai interrotto”. Su richiesta, ci si può avventurare a caccia del tartufo con i cani, la “cava”, per conoscerne le emozioni. Luogo della memoria, il museo parla del tartufo e della famiglia Urbani e li racconta, ricostruendo viaggi, imprese, idee e conquiste.
Francesca Tagliabue novembre 2023
Photo: courtesy del Museo del Tartufo Urbani e di Urbani Tartufi