La cucina fusion è ormai entrata nel nostro vocabolario, riferendosi a ingredienti e ricette provenienti da tradizioni gastronomiche diverse che si fondono tra loro e danno origine a piatti che racchiudono elementi di aree geografiche più o meno vicine. Una tendenza ritenuta moderna, frutto della globalizzazione, che in realtà esiste da sempre. Ci sono, infatti, cucine regionali che hanno nel "fusion" la loro essenza. Una di queste è quella del Friuli-Venezia Giulia, territorio di confine che nel corso dei secoli ha vissuto una stratificazione continua di fattori culturali ed etnici differenti, che hanno lasciato una tradizione gastronomica originale e composita, lontana da quella del resto d'Italia. Ne è un esempio il gulasch, piatto presente in declinazioni diverse in tutta la regione, ma diffuso soprattutto nei territori dell'estremità più orientale, nel Triestino e nel Goriziano, dove le influenze mitteleuropee si sono incrociate con quelle slovene e addirittura ungheresi. È da questo Paese, infatti, che risalgono le origini del gulasch, termine derivato da Gulyás-leves, ovvero "zuppa del mandriano", cucinata durante le lunghe transumanze dalla prateria magiara, la puszta, fino ai mercati del centro Europa. Per conservare e trasportare la carne fresca dei loro bovini, i pastori escogitarono un metodo di essicazione particolare: la facevano cuocere a lungo, poi spalmavano quella sorta di "pasta" ottenuta su assi di legno e la lasciavano asciugare. Al momento di consumarla, ne facevano rinvenire qualche pezzo in un paiolo d'acqua bollente, insieme alle verdure che trovavano, per ricavare così una portata semplice, ma sostanziosa. Il piatto si diffuse in tutto quello che era l'Impero austro-ungarico, del quale Trieste era un importante porto sul mare. Se nella sua forma originaria il gulasch era una zuppa, nella versione nostrana rinuncia alla componente liquida e alle verdure, ad eccezione della cipolla, e diventa un morbido stufato, simile a uno spezzatino. Una delle prime ricette scritte si trova nel volume La cucina triestina (1927) di Maria Stelvio, considerato un po' "l'Artusi" della gastronomia locale. La giornalista e gastronoma prevede per il suo "Gulyas – Spezzatino di carne all'ungherese" uguale quantità di muscolo e cipolle fatti rosolare in grasso fresco di maiale, paprica, erbe aromatiche e poca salsa di pomodoro. Altra bibbia della cucina friulana è Vecchia e nuova cucina di Carnia (1995) di Gianni Cosetti, cuoco di riferimento nel rilancio della cucina di tradizione, proprietario dell'hotel ristorante Roma di Tolmezzo negli anni '70 e '80. Nel suo gulasch, Cosetti conferma uguale quantità di muscolo e cipolle, con l'aggiunta di paprica, cumino e vino rosso, utilizzato anche nel "golas", interpretazione goriziana della specialità.
Paola Mancuso,
novembre 2023