Da migliaia di anni garantisce la sopravvivenza degli abitanti delle coste nordiche, non solo come fonte di cibo, ma anche come bene commerciabile: parliamo del Gadus Morhua, conosciuto anche come merluzzo nordico o merluzzo bianco. Questo pesce vive in acque molto fredde: il punto di incontro-scontro tra le correnti fredda e calda del Golfo è il suo habitat preferito: il merluzzo bianco passa tutta la vita a spostarsi di zona in zona, a eccezione del periodo di riproduzione (in inverno), quando enormi banchi di merluzzi stanziano in un tratto favorevole per deporre le uova (otto-dieci milioni di unità: considerate ottime per la produzione di bottarga). La maggior parte del merluzzo che verrà trasformato in stoccafisso è così pescato nei mari del Nord Europa - tra Islanda, Danimarca e Norvegia.
Denominazioni… confuse
Per decreto ministeriale, in Italia si può chiamare stoccafisso solo merluzzo nordico bianco (Gadus Morhua, (foto sopra) prodotto unicamente in Norvegia e solo nei mesi invernali, conservato per essiccazione naturale senza l'uso di sale (foto sotto). Quando invece si parla di baccalà, sempre da decreto ministeriale, ci si riferisce esclusivamente al merluzzo nordico grigio (Gadus macrocephalus) che subisce un processo di salatura, o di salatura con successiva stagionatura e viene prodotto tutto l’anno. Per aumentare la confusione, in Veneto, Friuli e in tutta l’area che fu di Dominazione Veneziana, lo stoccafisso assume il nome di bacalà, tanto che il baccalà alla vicentina è in effetti preparato con lo stoccafisso.
Una scoperta fondamentale
A introdurre il merluzzo come stoccafisso nel nostro Paese fu Pietro Querini, mercante e navigatore veneziano: nel 1432, naufragò a Røst nei pressi delle Isole Lofoten in Norvegia, (nella foto sotto, il Museo dello Stoccafisso) dove, salvato dai locali con il suo equipaggio, rimase circa quattro mesi ospite dalla comunità, totalmente dedita alla pesca e all'essiccazione del merluzzo (nelle acque molto pescose della Norvegia, il merluzzo è la specie più abbondante).
Durante questo soggiorno, Querini apprese la tecnica di essiccare i merluzzi rendendoli inattaccabili dalle muffe e quindi perfetti da stoccare per i lunghi viaggi in mare. Rientrato a Venezia, intraprese il commercio di stoccafissi in cambio di sale, prodotto difficile da reperire nelle terre del Nord. Ben presto, il merluzzo essiccato della Norvegia era scambiato e venduto in tutta Europa. Il nome stoccafisso potrebbe derivare dal norvegese stokkfisk, dalla città di Stokke oppure dall'olandese antico stocvisch, cioè “pesce a bastone”. In alcune zone dell'Italia centrale e meridionale lo stoccafisso è detto pescestocco o semplicemente stocco. Il baccalà, invece, fu introdotto nel Mediterraneo dai pescatori dei Paesi Baschi.
Vento e sole da migliaia di anni
Lo stoccafisso è merluzzo norvegese essiccato al sole dopo l'eviscerazione e l'apertura a libro, fatta direttamente in barca dai pescatori (foto sopra, pescatori di merluzzo, Isole Lofoten. Viene poi sistemato su apposite rastrelliere (foto sotto) per tre mesi - tra febbraio e giugno – dove riposa, esposto alle condizioni climatiche ideali, in un perfetto equilibrio tra sole e vento artico. La maturazione dello stoccafisso continua al chiuso per almeno altri due mesi. Per via del clima particolarmente adatto, lo stoccafisso considerato migliore è lo stoccafisso Tørrfisk Fra Lofoten lgp, lo Skrei, che oggi segue subisce lo stesso procedimento di essiccazione e stagionatura già utilizzato dai Vichinghi mille anni fa.
Lo stoccafisso norvegese
Bisogna fare molta attenzione perché alcuni tentano di far passare per merluzzo nordico pesce meno pregiato come la molva o l’eglefino salato o essiccato, riconoscibili all’occhio più attento dalla minore consistenza della polpa, dalle dimensioni ridotte, dal differente colore e, spesso, da indicazioni poco chiare sul prodotto in vendita: all’acquisto, bisogna cercare la denominazione corretta e precisa, cioè stoccafisso norvegese.
E il baccalà?
Si tratta di merluzzo grigio, proveniente da Danimarca, Isole Fær Øer, Norvegia, Islanda e Canada. Per la sua conservazione si usa il metodo della salatura il cui processo dura tre settimane. Appena pescati, i merluzzi puliti – una volta eliminate le parti non commestibili - vengono spinati, sistemati in vasche e ricoperti da strati di sale (prima salatura). Posti in salamoia e in celle refrigerate per almeno due-tre settimane, vengono girati ogni quattro-cinque giorni, in modo che possano assorbire tutto il sale e perdere l'acqua in eccesso. Dopo tali operazioni, il baccalà o viene venduto, oppure viene pressato per eliminare ancora acqua, e subisce una seconda salatura (per 1-2 settimane) per poi essere messo a essiccare. L'intensità del sapore del baccalà dipende dalla più o meno lunga stagionatura. Il pesce può dirsi baccalà (foto sotto) soltanto quando la percentuale di assorbimento del sale supera il 18% e l’acqua scende sotto il 48%.
Un procedimento in comune
Prima di essere cotti, sia lo stoccafisso sia il baccalà devono essere “ammollati”, ossia immersi in acqua freddissima (usate del ghiaccio per mantenere bassa la temperatura) per eliminare il sale in eccesso nel baccalà e reidratare lo stoccafisso. L'acqua fredda va cambiata ogni 24 ore. Si passa, quindi, alla spacca-tura e alla toelettatura: si taglia il pesce a metà partendo dalla pancia e si eliminano le lische, i residui di parti viscerali ed eventuali parti insanguinate rimaste; lo si rimette a bagno per 10 giorni circa. Durante l'ammollo il prodotto si reidrata, recupera il 40% di peso e riacquista morbidezza. Lo trovate già ammollato nei supermercati e nei negozi di specialità alimentari, pronto per essere cucinato e facile da utilizzare.
In cucina
Lo stoccafisso lo trovate in particolare nelle cucine di Veneto, Liguria, Campania, Marche, Calabria e nell’area intorno a Messina. Ricette con il baccalà sono più diffuse in Toscana, Umbria, Marche,Abruzzo e Sicilia.
Francesca Tagliabue
settembre 2023