Utilizzato abitualmente per indicare uno stato d'animo di grande soddisfazione e appagamento, questo delizioso detto d’origine toscana rimane nell’uso comune… ma lo sapevate che le giuggiole si trovano (per tacer del "brodo")?
Condividi
Cioè “andare in solluchero, fuori di sé dalla contentezza”: quante volte abbiamo sentito la curiosa espressione metaforica “andare in brodo di giuggiole” , senza magari sapere che il “brodo di giuggiole” esiste veramente, è un particolare liquore prodotto dai frutti del giuggiolo. Il detto apparve per la prima volta nel 1612, nel primo vocabolario di lingua italiana scritto dall’Accademia della Crusca, la famosa istituzione culturale fondata a Firenze alla fine del Cinquecento.
Il giuggiolo Questo arbusto alto fino a dieci metri (Ziziphus jujuba), dai caratteristici rami intricati e spinosi, è di provenienza asiatica, anche se nel corso dei secoli si è diffuso nei due emisferi, dove i giuggioli sono coltivati in Giappone, Iran e Afghanistan, oltre che nel bacino del Mediterraneo e in Italia, particolarmente in Umbria e Toscana; sono stati esportati anche negli Stati Uniti dove troviamo vaste piantagioni, in particolare in California e Florida. Il frutto del giuggiolo da oltre 4000 anni è conosciuto e utilizzato in cucina e in erboristeria, soprattutto in Cina, dove nei secoli è stato selezionato fino a raggiungere una produzione di qualità superiore. I piccoli frutti - una volta maturi - prendono un color rosso scuro (alcune varietà sono più chiare, vedi foto sopra) e la buccia sottile e rugosa nasconde una polpa bianca e succosa dal sapore dolce, leggermente acidulo, che ricorda quello della mela (foto sotto). Il giuggiolo è considerato anche una pianta ornamentale.
Un albero, costumi diversi Nei matrimoni tradizionali cinesi, una giuggiola viene messa nella camera da letto degli sposi come segno propiziatore di fertilità. Gli abitanti dell’Himalaya raccolgono i fiori per preparare un elisir d’amore. Presso gli antichi Romani, l'albero del giuggiolo era invece il simbolo del “silenzio” ed era usato per adornare i templi dedicati alla dea Prudenza. Nelle zone di campagna era ritenuta una pianta portafortuna, pertanto presso molte case avevano un giuggiolo piantato vicino al lato esposto a sud.
Il frutto in cucina C’è chi non resiste e consuma le giuggiole fresche, quando le bacche non sono ancora completamente rosse e grinzose. Il frutto della giuggiola ha un gusto dolce e leggermente acidulo, che ben si abbina a vari tipi di dessert e specialmente al cioccolato. Le giuggiole si prestano molto bene all’essiccazione (al posto dell’uvetta in ricette per biscotti secchi o dolci al forno, ma anche nelle zuppe, foto sopra) o alla canditura; sono facili da trasformare in confettura oppure in sciroppo, usato per dolcificare tè e infusi.
Denocciolate e conservate sotto spirito accompagnano bene formaggi stagionati o, cucinate al forno con mele e pere (foto sopra), si sposano con piatti di carne arrosto. Se si hanno giuggiole fresche, sono da provare al posto delle mele nelle ricette di crostate o strudel oppure sostituire l’uvetta con le giuggiole essiccate.
Un liquore antico e poco conosciuto al tempo stesso Il frutto del giuggiolo, detto anche dattero cinese, viene citato da Erodoto nelle Storie, che paragonava la dolcezza della giuggiola a quella del dattero e per primo spiegava che era possibile ottenere, dalla sua polpa fermentata, una bevanda inebriante. Durante il Medioevo, furono i monasteri a fare opera di conservazione di ricette e rimedi erboristici con le giuggiole. Nel periodo Rinascimentale, le giuggiole tornarono a essere un prodotto ambito, al punto che la potente famiglia dei Gonzaga, del Ducato di Mantova, possedeva una estesa e ricca residenza sulle sponde del lago di Garda dove con le giuggiole veniva prodotto, e poi offerto agli ospiti, un delizioso e inebriante liquore ambrato e dolce: il cosiddetto “brodo di giuggiole”, perfetto per accompagnare torte e biscotti secchi o da sorseggiare a fine pasto. La ricetta del liquore prevedeva, oltre alle giuggiole mature, uva bianca zibibbo, mele cotogne e scorza di limone in macerazione con vino bianco e zucchero.
Tutt’ora, nell’area del Garda e del Basso Veneto, dalle sponde del lago alle colline veronesi e vicentine, fino ai Colli Euganei, esistono rigogliose piantagioni di giuggiole utilizzate per la produzione di nicchia del liquore di giuggiole, da provare anche sul gelato – andrete in… brodo di giuggiole!