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Pasta-sofia: dietro le quinte di un capolavoro italiano

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Gusto a parte, come si valuta la qualità di spaghetti & company?

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Italiani, popolo di santi, poeti, navigatori ed… esperti di pasta. D’altronde, oltre a esserne il maggior produttore al mondo (con circa il 25% di tutta la produzione globale), ne siamo anche tra i principali consumatori (25 kg annui pro capite). E, senza dubbio, sappiamo riconoscere bene una pasta di qualità, già dall’aspetto e fino all’assaggio. Ma, gusti e percezioni soggettive a parte, come si misura in modo oggettivo la qualità di spaghetti e fusilli? Lo abbiamo chiesto ad Antonio Festa, responsabile tecnologia del pastificio De Matteis, che dal 2010 ha avviato il progetto Pasta Armando, creando una filiera del grano italiano d’eccellenza (a cui oggi partecipano oltre 700 aziende agricole e 26 stoccatori) per produrre una pasta di qualità e 100% italiana. “I requisiti della pasta prodotta in Italia sono fissati da una legge che ne stabilisce gli ingredienti consentiti e quelli vietati (come gli additivi) e ne fissa le caratteristiche analitiche, come il contenuto di proteine e il tasso di umidità” ci spiega Festa, che ci aiuta a capire cosa indicano questi parametri e perché sono così importanti per misurare il grado di qualità di maccheroni & company.

Ingredienti: pochi (2) e di qualità
Se c’è un prodotto dalla ricetta semplice e “genuina” è la pasta, visto che la si prepara solo con acqua e semola, una sorta di granulato che si ottiene macinando il grano duro. La pasta realizzata in Italia dev’essere fatta così, con questi due soli ingredienti, come prescrive la legge. All’estero, invece, c’è maggiore libertà e spesso si usano sfarinati di grano tenero, talvolta miscelati a semola di grano duro: la differenza si vede e si sente, perché la pasta ha un colore più chiaro e una consistenza più morbida.
Dunque per ottenere una buona pasta si parte da un buon grano duro, ossia che abbia il giusto contenuto di proteine e di glutine e che abbia anche un bel colore. Storicamente per ottenere un buon risultato i pastai italiani sceglievano i migliori grani da tutto il mondo, mescolando quelli italiani con quelli americani (particolarmente ricchi di glutine) e con quelli australiani e canadesi (per il colore). Da 13 anni invece, per Pasta Armando si usa solo grano duro italiano, e non solo in un’ottica di valorizzazione del “made in Italy” ma anche per ragioni di sostenibilità ambientale.
Sulla qualità della pasta incide molto anche l'altro ingrediente, l'acqua, necessaria per impastare la semola, tanto che storicamente i pastifici sono nati in zone dove c'era abbondanza di acqua e ancora oggi molti usano acqua di sorgente. Non sono la qualità e la purezza dell'acqua a incidere sulla pasta, ma anche il dosaggio e la temperatura a cui viene usata: infatti gli impasti con acqua fredda conferiscono alla pasta un sapore più dolce.

Tenuta “al dente”
È la semola di grano duro a permettere alla pasta di tenere la cottura perché le dà la sua tipica consistenza e consente di gustare la pasta al dente, come esigiamo noi italiani. Un risultato che si deve a una tecnica di produzione affinata nei secoli e che resta identica sia per la pasta artigianale sia per quella industriale. Si mescola la semola con l’acqua e si sottopone a una lavorazione meccanica che dà luogo a un processo chimico-fisico in cui l’amido e le proteine si idratano e creano, quindi, il glutine. Questa fase si perfeziona poi le fasi di compressone e trafilatura dell’impasto.
Ma quali parametri influiscono sulla tenuta al dente della pasta cucinata? “Innanzitutto il contenuto di proteine, che per legge dev’essere almeno del 10,5% ma che nelle paste di qualità è più alto, ad esempio per Pasta Armando supera il 14% (lo si può verificare nell’etichetta nutrizionale presente sulle confezioni) – risponde Festa - Più proteine ci sono e meglio è, perché si forma più facilmente il reticolo proteico che trattiene l'amido e permette quindi di ottenere un buon risultato nel piatto. In cottura, poi, la pasta deve restare consistente ed elastica e, quando è al dente, deve garantire bassissimi rilasci di amido”.

Trafilatura ad arte
All’impasto di acqua e semola si può dare la forma voluta. E in questo l’Italia eccelle perché in commercio ci sono circa 300 diversi formati di pasta, dai più classici (come spaghetti e rigatoni) ai più innovativi (come quelli creati da designer e chef, ad esempio la penna liscia “disegnata” dallo chef Alessandro Borghese per Pasta Armando).
L’impasto prende la forma voluta passando attraverso le trafile, appositi stampi che possono essere di vari materiali. Quelle tradizionali sono di bronzo, e fanno sì che la pasta mantenga una sua rugosità. Le altre sono in teflon e permettono di ottenere una pasta dalla superficie liscia e dal colore più brillante. “Una buona pasta si riconosce dal colore giallo ambrato omogeneo, senza puntini scuri, e dal suono secco che sprigiona quando la si spezza” spiega Festa

Essiccazione perfetta
È una fase molto delicata: la pasta dev’essere portata dal 30% a meno del 12,5% di umidità e il modo in cui viene condotta quest’operazione influisce molto sulla qualità. Se un tempo si lasciava essiccare la pasta all’aperto, sfruttando l'aria calda naturale, oggi questo processo avviene in tunnel o camere dove si possono impostare sia la temperatura sia il grado di umidità relativa, da cui dipende la durata dell’essiccazione.
L’essiccazione lenta usa temperature di 40-60°C per tempi molto lunghi, anche superiori a 24 ore, mentre quella più veloce dura 2-5 ore e ricorre a temperature oltre i 90°C. La più diffusa è quella intermedia, ad alta temperatura (60-84°C per 8-11 ore). “L’essiccazione va condotta con perizia perché influisce molto sulla qualità del prodotto – spiega Festa - Se è troppo rapida o troppo lenta può dar luogo a una pasta che si deforma oppure si fessura facilmente”.

Manuela Soressi,
settembre 2023

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