Il vino esalta i piatti e, allo stesso tempo, aumenta il piacere dell’esperienza gastronomica. Questo viene, giustamente, insegnato nei corsi per Sommelier e, molto a latere, anche nelle scuole alberghiere d’Italia. Tuttavia, spesso e volentieri, la peggiore esperienza di piacere tra cibo, vino e servizio si consuma proprio nei ristoranti. Alcune cene o pranzi, infatti, spesso si trasformano da momenti di beatitudine del gusto in esperienze difficili se non addirittura “tormentate” proprio a causa del vino, ma sarebbe meglio dire a causa della poca o nulla conoscenza del mondo del vino che trasuda in diversi locali, anche gettonati. Come possiamo difenderci dunque? Semplice, conoscendo, osservando e, se possibile, correndo subito ai ripari. Attraverso qualche consiglio e una serie di regole di massima che dovrebbero applicare i ristoratori, dopo questa lettura farete il vostro ingresso nei ristoranti con un occhio diverso e, soprattutto, sceglierete il vino o vi farete consigliare con una amplificata attenzione a quei dettagli che nella ristorazione, così come in tutti i campi dei servizi alla persona, fanno realmente la differenza.
La prima cosa da osservare e valutare nel scegliere un vino al ristorante, al netto del menu, della composizione del vostro tavolo, delle preferenze e di molti altri fattori è la presenza o meno di una cantina dedicata, di armadi a vino climatizzati, della qualità dei frigoriferi e del livello estetico ma anche “sanitario”, verrebbe da dire nel senso della pulizia, della carta dei vini.
Iniziamo con ordine. Se venti anni fa le cantine dei ristoranti, anche quelli medi, tendevano ad avere molti vini, spesso per impressionare i clienti, oggi la cura dimagrante ha sortito i suoi effetti e le offerte enologiche sono sempre più snelle e mirate, regionali e orientate al miglior abbinamento con la proposta gastronomica dello chef. Le cantine sono in continuo movimento, quindi non affezionatevi alle etichette perché, a distanza di qualche mese o anche meno, potreste non trovarle più. Contrariamente a quanto spesso espresso da parte della sommellerie questo aspetto potrebbe indicare una prima criticità che indica, talvolta, una volatilità non solo di bottiglie ma anche di idee; allo stesso tempo una carta di vini immobile per anni è altrettanto sintomo di non attenzione all’offerta enologica.
La carta, nonostante la comodità dei QR code e i ricordi del nefasto periodo Covid, non ha, chiaramente, la bellezza e l’eleganza di una carta dei vini di carta. Vi sembrerà nostalgico, ma evitare di vedere un monitor o il proprio telefonino almeno durante quei pochi secondi o minuti che passano nella scelta un vino non credo ci faccia male, anzi. Ciò detto, la carta deve essere pulita, così come dovrebbero esserlo i menu. “Se il menu di un ristorante, che tu vedi, leggi e tocchi – mi confidò alla fine degli anni Novanta un professore di una storica scuola alberghiera del litorale romano – è sporco o imbrattato, figurati com’è pulita la cucina… Ti tocca solo scappare, e di corsa pure”. Facciamo finta che menu e carte dei vini siano sempre linde e andiamo avanti. La carta della carta, scusate il bisticcio di parole, deve essere bianca o chiara, i caratteri mai troppo piccoli, stampati in maniera netta e possibilmente senza grazie nella scelta del font. Dobbiamo poter leggere tranquillamente senza sforzo e capire cosa stiamo leggendo, sembra banale ma vi assicuro che non succede sempre. Il modello più facile di redazione, ma anche il più diffuso, è quello per tipologia di vini e per regione. Uno stile ottimale, in fondo, che non crea grossi problemi per il consumatore il quale, al massimo, dovrà sprecare qualche secondo per capire la ratio dell’elenco. Cosa importante, invece, è la presenza, nella descrizione del vino non solo della tipologia, del produttore e dell’annata ma anche della gradazione alcolica. Elemento fondamentale e discriminante a seconda del pranzo o cena che stiamo facendo: se, ad esempio, sono in una cena di lavoro, magari preferirei evitare un vino da 15 gradi… o forse no. Fate voi, ma la gradazione ci deve sempre essere, così come insegnano in tutte le scuole per Sommelier.
Letta la carta, arriva la cosa più difficile: la scelta. Fidatevi del sommelier o del cameriere solo se percepite una certa competenza. Nel dubbio, come diceva Totò in Miseria e nobiltà, “desistete”, o meglio, scegliete voi almeno se sbagliate è colpa vostra. Fidarsi comunque è bene, a patto che vi spieghino i piatti, si interessino ai gusti dei commensali e si sforzino di capire cosa vi piace o casa vi piacerebbe provare. Osservate quindi, fate domande a vostra volta e costruite insieme a chi vi sta servendo le basi di quel piacere che è l’abbinamento cibo-vino.
Una volta scelto il vino arriva l’ora del servizio. «Il sommelier – spiega Giuseppe Vaccarini, fondatore e Presidente di ASPI (Associazione della Sommellerie Professionale Italiana) – deve avere abilità di vendita, competenze di servizio e capacità di comunicatore, doti che può acquisire solo attraverso una adeguata e profonda formazione. Inoltre, deve conoscere le lingue e la geografia del vino, deve saper lavorare in squadra, ma anche da solo, perché ha la responsabilità di gestire in autonomia la cantina, gli ordini e i prezzi dei vini». Non troverete ovunque, ahimè, un buon sommelier: fatevene una ragione.
Così, durante il servizio, osservate come si muove chi vi sta servendo: fate attenzione all’adeguata presenza di ghiaccio nel secchiello o il tempestivo arrivo della glacette per i vini bianchi e non solo; pretendete il cambio dei calici di fronte a vini importanti e, soprattutto, valutate sempre la temperatura di servizio, troppo spesso elevata con il risultato, soprattutto quando si sceglie un vino al calice, che quando arriva il piatto, se abbiamo ordinato uno spumante o un bianco, il vino è irrimediabilmente caldo. Al netto di tutto questo, nel dubbio chiedere sempre e, soprattutto, non pretendete un servizio da ristorante stellato in una osteria, anche per quel che riguarda i costi del vino che riflettono le spese sostenute per la “costruzione” della cantina, lo stoccaggio, il personale di servizio e la qualità stessa di questo. In linea di massima un ricarico per 2 rispetto al prezzo d’acquisto o massimo 2,5 per i vini meno costosi è del tutto accettabile. Arriva quindi l’ora dell’abbinamento, ma di quello ne parleremo in inverno, per ora godetevi il vostro vino al ristorante.
agosto 2023
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