Da sempre è un momento di compartecipazione significativo, quello della condivisione del cibo con altri, siano la famiglia o gli amici. Questo tipico stufato eritreo, con i suoi comprimari, è un piatto per stare bene e in compagnia, gustandolo aiutandosi con le mani e il pane tradizionale
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Nel Medioevo, il cibo veniva consumato in comune, molti i commensali intorno a uno stesso tavolo; mangiare tutti insieme, condividendo lo stesso cibo, era sinonimo di convivialità. Si mangiava con le mani, operazione che costringeva a prestare più attenzione a quello che si consumava. Quando si mangia con le mani, il cibo assume tutt’altra importanza, come pure le persone con le quali si condivide il rito, un momento importante della giornata. Nell’Africa Orientale, questa tradizione è ancora viva e diffusissima in molti paesi, come per esempio Etiopia ed Eritrea ma anche Somalia e Djibouti, dove, molti tra i piatti più conosciuti e considerati si gustano proprio con le mani, come lo zighinì. Lo zighinì viene solitamente preparato in occasioni speciali, come un matrimonio, la nascita di un bambino o una festività religiosa. Nelle grandi occasioni, in Eritrea lo si serve con bevande alcoliche fatte in casa, come mes e suwa. In Etiopia lo zighinì è noto come kai wat.
L’ingrediente segreto Si tratta del berberè, un mix di spezie diffuso nelle cucine del Corno d'Africa, in quelle eritrea ed etiope in particolare (foto sopra). Solitamente il berberè è composto da una dozzina di spezie diverse, solitamente peperoncino, coriandolo, chiodi di garofano, cardamomo, pepe, fieno greco, cannella, pimento, zenzero e frutti di ajowan o "erba del vescovo", una pianta della famiglia del cumino. Sebbene ogni miscela sia leggermente diversa, paprika, fieno greco e peperoncini essiccati sono sempre presenti. Si trova nella maggior parte dei negozi di spezie oppure online.
Il pezzo “forte” Lo zighinì, all’apparenza, è un semplice stufato di cinque soli ingredienti – carne, salsa di pomodoro, cipolla (anche aglio, se vi piace), un particolare burro, berberè, ma la sua complessità gustativa conquista i palati come se ne avesse cinquecento: è così articolato, così speziato, così soddisfacente. Le versioni più comuni utilizzano carne di manzo, agnello o pollo, cotte finché la carne quasi si sfalda e diventa parte del suo sugo (tradizionalmente cuoce per 5-6 ore), ma si trovano ricette vegetariane o anche con pesce.
Il “burro” Tradizionalmente, la cipolla (e l’aglio, se presente) viene rosolata nel tegame, su fiamma molto bassa con un burro chiarificato speziato, simile al ghee ma insaporito con spezie ed erbe aromatiche: questo burro è noto come t'esmi (in Eritrea) o niter kibbeh (in Etiopia), dove è estremamente popolare. T'esmi è deliziosamente profumato e aggiunge una meravigliosa profondità di sapore a molti piatti, ma si può tranquillamente sostituire con il ghee indiano o del burro chiarificato (foto sopra).
Il ‘pane’ tradizionale Lo zighinì viene solitamente consumato con l'injera, una grande “crêpe” rotonda e soffice, che utilizza la farina di teff (popolare in tutta l'Africa Orientale) per fare una pasta madre che fermenta durante la notte e che la rende un po’ acida e piccantina. L'injera alla vista è morbida e spugnosa (foto sopra): la si dispone nel vassoio o in un grande piatto con il lato liscio in basso, lasciando verso l’alto l’altro – con i suoi minuscoli crateri che aiutano ad assorbire i succhi e i sughi del cibo.
Injera, vassoio e posata insieme L’injera viene infatti utilizzata come base di appoggio su cui disporre lo zighinì (solitamente al centro), insieme a una serie di altre componenti golose: una crema di ceci con aggiunta di pomodoro fresco (shirò), erbette (hamli), un mix di patate, carote, cavoli e fagiolini cotti (alicha), insalata fresca, couscous, purea di lenticchie rosse (foto sotto), talvolta uova sode.
Inoltre, l’injera è anche lo “strumento” con cui mangiare: basta strapparne un pezzetto con le mani per raccogliere gli altri ingredienti del piatto. Talvolta, injera più piccole, arrotolate in piccoli cilindri (foto sotto) e sempre a temperatura ambiente, vengono servite a parte ai commensali, che le utilizzeranno come posate: alla fine, quando sull’injera principale saranno rimasti solo salse e sughi, gli ospiti faranno a gara per rubare dei pezzetti della focaccia saporita. In mancanza dell’injera (la trovate presso i ristoranti eritrei), lo zighinì può essere servito con riso bianco, senza rinunciare a tutti i condimenti previsti.
La ricetta dello zighinì 1,2 kg di spezzatino di manzo 2 cipolle bianche 2 spicchi d'aglio 500 g di pomodori pelati 2 cucchiai di concentrato di pomodoro 2 cucchiai di berberè (mix di spezie eritreo) 40 g di burro chiarificato sale 6 pezzi di injera (la trovate già pronta nei ristoranti eritrei) per servire
1 Tritate le cipolle e l'aglio. In una casseruola, sciogliete il burro chiarificato e soffriggeteli. Aggiungete poi un cucchiaio di acqua calda e il berberè e proseguite la cottura a fuoco dolce per circa 10 minuti, mescolando. Unite i pomodori pelati a pezzetti e il concentrato di pomodoro. Lasciate sobbollire la salsa per circa 10 minuti, fino a quando si addensa, poi frullatela con il frullatore a immersione.
2 Unite la carne e una tazza d'acqua calda; cuocete a pentola coperta per circa 1 ora, fino a quando la carne diventerà molto morbida e la salsa densa.
3 Servite lo zighinì in un piatto comune: i commensali lo mangeranno con le mani avvolgendo i bocconi con il tradizionale injera. Si accompagna con preparazioni a base di vegetali come purea di lenticchie, stufato di verdure (carote, patate e verza), insalata fresca.