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ALIMENTI “NON FILTRATI”: SONO MEGLIO?

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Birra, olio e vino si presentano più rustici e naturali, più genuini e autentici. Ma bisogna sapere come trattarli

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Mai più senza filtri, please: no, non stiamo parlando di Instagram, ma di prodotti alimentari, come birra, miele e olio extravergine di oliva, che dichiarano con orgoglio di essere “non filtrati”. Ossia non sottoposti, a fine produzione, a un processo che può essere condotto in diversi modi (attraverso il passaggio per filtri e membrane oppure con sostanze assorbenti, come il carbone vegetale) ma che ha un unico scopo: eliminare le impurità e dare, quindi, un aspetto più limpido e puro. Infatti gli alimenti “non filtrati” si presentano più densi e torbidi, con profumi più intensi e aromi più complessi. E rappresentano una delle tendenze di maggior successo degli ultimi tempi nel mondo alimentare: basti pensare che in un ipermercato si possono trovare più di 130 prodotti con il claim “non filtrato” sull’etichetta e, secondo quanto riporta l’Osservatorio Immagino, negli ultimi tre anni le loro vendite sono aumentate di oltre il 25%. Questi prodotti piacciono perché si presentano con un aspetto più ‘naturale’ e rustico e, quindi, rimandano a metodi di produzione più artigianali e tradizionali. Ma è davvero così? Ed è meglio preferirli ai loro omologhi “filtrati”, o raffinati che dir si voglia?

Birra non filtrata: agitata, non shakerata, è meglio
Sono stati i birrifici artigianali a far conoscere (e amare) le birre non filtrate, e l’apprezzamento degli italiani è stato immediato tant’è che oggi non c’è grande produttore che non abbia anche la sua “unfiltered beer”. Cos’hanno di diverso dalle solite bionde o rosse? Nel processo di produzione classico, alla fine della maturazione e prima di essere imbottigliata, la birra viene fatta passare per centrifughe o per filtri a cartoni che trattengono sia le eventuali impurità sia i lieviti rimasti dopo la fermentazione, in modo da renderla più chiara e limpida. Più la temperatura di filtrazione è bassa, più la birra conserva inalterate le sue caratteristiche organolettiche. Nel caso della birra non filtrata questo non accade perché la si lascia decantare naturalmente nei tini di fermentazione. Così conserva in sospensione tutti i suoi lieviti, che le danno un aspetto leggermente velato e opalescente, una texture più corposa e un sapore più intenso, con caratteristici sentori di lieviti e di crosta di pane. Per apprezzare appieno questi lieviti la birra non filtrata va tenuta sempre al fresco e gustata dopo aver agitato leggermente la bottiglia per distribuirli meglio in tutta la birra, evitando che si depositino sul fondo.

Olio extravergine di oliva non filtrato: dopo tre mesi è vecchio
Impossibile non riconoscerlo già a colpo d’occhio per il colore giallo-verde intenso e l’aspetto torbido. Caratteristiche che anticipano l’esperienza dell’assaggio, quando si rivela molto saporito e profumato. Merito della presenza in sospensione di alcune microparticelle di polpa, noccioli e semi di olive, e di piccoli residui d’acqua, che vengono normalmente eliminati nel processo di produzione dell’olio. Infatti la filtrazione serve a ‘ripulire’ l’olio proprio da queste sostanze solide e dalle particelle di acqua, in modo da renderlo più limpido ed evitare anche che si formino depositi sul fondo o sulle pareti delle bottiglie. E questo processo non lo priva né di aromi né di sostanze pregiate, e anzi lo conserva intatto più a lungo. 
Infatti l’olio non filtrato va incontro a processi di deterioramento molto rapidi, che tendono a “spegnerne” gli aromi, a irrancidirlo e a provocarne l’ossidazione, con la perdita progressiva del suo prezioso contenuto di composti antiossidanti. Per questo va consumato entro 2-3 mesi dalla produzione.

Vino non filtrato: attenzione a quando lo si versa
Di vini non filtrati sono piene le cantine italiane: si va dalle versioni “artigianali” di grandi marchi fino a quelli ottenuti con fermentazione naturale. Una scelta dettata dalla volontà dei produttori di dare una personalità unica a ogni bottiglia. Infatti i vini non filtrati restano vivi e continuano a evolvere in modo più naturale e complesso anche dopo che sono stati imbottigliati. E si riconoscono a colpo d’occhio: sono torbidi (ma lucenti) e presentano tante particelle in sospensione. Al momento del consumo per quelli fermi si deve fare attenzione a non agitare la bottiglia prima di degustarli e versare con cautela l’ultimo bicchiere per evitare che vi siano troppi residui. Invece per i vini spumanti è meglio agitare la bottiglia così da distribuire in modo più omogeneo i lieviti, che tendono a depositarsi sul fondo.

Manuela Soressi
gennaio 2023

 

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