Di sobria semplicità, il piatto icona della cucina meneghina diventa eccellente con ingredienti di qualità
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È il piatto identitario della cucina milanese, meneghino fino al midollo. In senso non solo metaforico, data la presenza di questo ingrediente distintivo sia nella versione della ricetta codificata De.Co. (riconoscimento assegnato nel 1990), sia nelle interpretazioni contemporanee degli chef.
Risotto alla milanese: la leggenda Ma l’ingrediente principe, che spesso fa chiamare questo risotto semplicemente “giallo“, è lo zafferano. Cosa ci fa una spezia orientale in una specialità lombarda? Come spesso succede per i piatti di tradizione, la risposta viene da una leggenda legata a un altro simbolo di Milano, il Duomo. Si racconta che nel 1574 alla fabbrica della cattedrale lavorasse un mastro vetraio belga, Valerio di Fiandra. Tra i suoi uomini c’era il giovane Zafferano, cosí soprannominato perché abile nell’utilizzarlo come colorante per le vetrate. Quando mastro Valerio diede il banchetto per le nozze della figlia, l’idea del giovane fu di colorare di giallo il riso da portare a tavola, suscitando l’entusiasmo dei commensali. Leggende a parte, il connubio tra riso e zafferano era già in uso dagli Arabi del Medioevo.
La storia Nel ‘400 compare poi in una ricetta del grande cuoco lombardo Maestro Martino, conoscitore della cucina orientale. È probabile, quindi, che l’antenato del risotto alla milanese sia derivato dalla cultura araba via Sicilia, dove l’uso dello zafferano è radicato da sempre. Anche il riso fu portato in Sicilia dagli Arabi, ma è proprio in Lombardia che prese piede la risicoltura, prima di diffondersi nelle vicine regioni: secondo un censimento del 1550, le risaie si estendevano su ben 50mila ettari.
L’importanza del riso Per un buon risotto non si può prescindere dalla scelta della varietà di riso. Classici sono l’Arborio, dal chicco lungo e il Vialone Nano, meno grande, ma il vero principe è il Carnaroli. Selezionato a Paullo, in provincia di Milano, è una varietà storica con caratteristiche ideali: grandi dimensioni e ottima tenuta in cottura. Tuttavia, come racconta lo chef Cesare Battisti (vedi riquadro a lato) il “vero” Carnaroli è piuttosto raro e, ancor più che la varietà di appartenenza, la cura nella coltivazione e nella lavorazione sono gli elementi più importanti per determinarne l’alta qualità.
La ricetta Nella ricetta milanese del risotto si nota l’assenza del vino, che nella versione brianzola, e non solo, viene versato dopo la tostatura del riso. Il motivo è che la parte alcolica rilascerebbe un’acidità che entra in conflitto con l’aroma delicato dello zafferano, che serve sí a dare colore ai chicchi, ma soprattutto a connotarne il gusto. E il formaggio? L’ideale è quello che un tempo era il “locale”, ovvero il Tipico Lodigiano, considerato il capostipite di tutti i grana e oggi prodotto Pat. In alternativa, si può ricorrere a formaggi da grattugia non troppo stagionati, sempre per non sovrastare la delicatezza dello zafferano.