Rimini gli ha dato i natali, e ha influenzato tanto la sua cinematografia quanto la sua passione per la buona cucina. Oggi, scopriamo il ruolo che il cibo giocava nella vita quotidiana del celebre regista italiano Federico Fellini
Condividi
Se dico Rimini cosa pensate? Di sicuro vacanze, spiaggia, divertimento. E invece quelle poche volte che sono passata dalla città romagnola ho trovato la pioggia, il che è stato un bene perché, gambe in spalla, sono uscita dall'albergo e sono andata verso il centro storico che non avevo mai visitato con un obiettivo ben preciso: il Fellini Museum da poco inaugurato e definito dal New York Times "bizzarro, fantastico, sontuoso".
D'altra parte non avrei potuto far diversamente, perché le numerose foto del regista, di cui sono ricche le pareti del Grand Hotel di Rimini, dove Federico soggiornava abitualmente nella suite 316, mi parlavano, stuzzicando la mia curiosità.
DaCastel Sismondo, la rocca del '400 al cui progetto ha contribuito Brunelleschi, si snoda gran parte del percorso museale che prosegue poi al Palazzo del Fulgor, sede del leggendario cinema immortalato in Amarcord, e nell'area di Piazza Malatesta.
Il museo Fellini Dalle 21 alle 23 di sera le sedici sale della Rocca Malatestiana mi hanno coinvolta in un viaggio polisensoriale: perché tattile, audiovisivo, sonoro, coinvolgente e poetico con narrazioni che mi hanno immersa nel mondo cinematografico e mentale di Fellini.
La nebbia della riviera riprodotta da teli che si gonfiano con un vento artificiale, in accompagnamento a spezzoni di film iconici, una bambolona gonfiabile enorme riproduce l'Anitona de la Dolce vita, Mastroianni che invecchia sui monitor, i costumi del film Casanova o quelli ecclesiastici originali del film Roma, la stanza dedicata al compositore Nino Rota e quella splendida del Libro dei sogni, un diario in cui il regista per 30 anni ha annotato sogni e incubi notturni con disegni, schizzi e appunti.
E ancora la Sala dell'altalena, dove attraverso quattro schermi oscillanti sono proiettati fatti realmente avvenuti e scene di film felliniani.
A tavola con Fellini Ma è nella Stanza dei libri, dove sono raccolti testi sul regista e sui suoi film, che il mio mestiere ha preso il sopravvento quando ho trovato la prima (2003) e la seconda edizione arricchita (2013) del libro A tavola con Fellini, scritto dalla sorella Maddalena.
Dunque Fellini era un buongustaio?Di certo il cibo compare come nostalgia, tentazione o peccato nella sua cinematografia, ma nella vita di tutti i giorni amava i piatti semplici e sosteneva che non c'era nulla di più buono di una rosetta croccante di forno con dentro un bel pezzetto di parmigiano e questo era il suo spuntino di metà mattina.
Amava le tagliatelle sottili ben intrise di ragù e di sicuro la pasta e fagioli alla romana che, sembra, Giulietta Masina cucinasse alla perfezione.
Fellini e il cibo: dalle ricette della madre ai ristoranti del cuore D'altra parte Federico era cresciuto bene; la madre, Ida Barbiani, romana da sette generazioni era un ottima cuoca e il padre, Urbano, era commesso viaggiatore di generi alimentari.
Dal ricettario della mamma, in parte ripreso dalla sorella Maddalena, altrettanto brava in cucina, Federico amava le polpettine di bollito con l'uvetta sultanina, il polletto alla cacciatora, il rotolo al prosciutto e la ciambella.
E poi c'erano i ristoratori: dalla Cesarina, a Roma, ordinava pasta al pomodoro, lasagne, i leggendari tortellini in brodo, al Mastino di Fregene gli spaghetti alle vongole, da Claudio Ciocca, ristoratore di Grottaferrata (anche attore in alcuni film di Fellini) gustava delle uova definite bavose perché acquose e leggermente strapazzate.
In ogni situazione Fellini privilegiava la tradizione; a Milano nel 1959 prima della proiezione al cinema Capitol de La dolce vita, andò da Biffi per un risotto allo zafferano.