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Un pranzo alla Tognazza

News ed EventiPiaceriUn pranzo alla Tognazza

Ospiti nella casa del grande Ugo Tognazzi, oggi un museo abbiamo rivissuto rivivere la storia di "un cuoco prestato al cinema", come amava definirsi, e, in via eccezionale abbiamo assaggiato le sue ricette, preparate da un suo amico del cuore, lo chef Benito Morelli

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Una casa in campagna un po’ nascosta e, attorno, un fertile terreno di origine vulcanica. È stato amore a prima vista quello che alla fine degli anni Sessanta ha mosso Ugo Tognazzi all’acquisto di una proprietà vicino a Velletri, quella che nel tempo ha ironicamente ribattezzato La Tognazza (in omaggio all’universo femminile che tanto lo affascinava), ha ingrandito e plasmato in uno scanzonato palcoscenico della sua carica vitale. Ancora la si respira e se ne rimane pervasi. Come è successo a noi, ospiti speciali nella sua dimora, oggi inconsueto museo: in via eccezionale, vi abbiamo pranzato gustando una selezione delle ricette Ugo.


197696Le grandi tavolate
Insolite e ricche di gusto, facili da riprodurre a casa, sono il modo migliore per sedersi alla sua tavola, come per tanti anni hanno fatto Paolo Villaggio, Vittorio Gassman e molti altri. In controtendenza al boom dei consumi e dei supermercati di fine anni Sessanta, Ugo fu precursore del “chilometro zero”: andare avanti per lui significava tornare indietro, alla terra. Così fece costruire una serra per avere le verdure anche d’inverno, poi aveva l'orto per le erbe, la vigna per il vino e, ancora, il pollaio, il frutteto, l’uliveto. Tutto questo per appagare la passione per la cucina con ingredienti di fiducia. Da buon anfitrione, organizzava spesso grandi convivi, le famigerate “cene dei 12 apostoli” e vi invitava attori, registi, scenografi, ma anche amici di amici, il giornalaio, il segretario. Tavole democratiche e socialmente trasversali. Un palco per esibirsi, rischiando con piatti mai preparati prima. Lo faceva in cucina come sul set, quando si affidava alla regia di personaggi che riteneva di valore sfidando la critica: è successo con Marco Ferreri, con cui ha girato Ape Regina (1963) e La Grande Bouffe (1973), una parodia delle sue cene e una critica alla società dei consumi.

197752I quaderni di Ugo
Nella casa-museo è permesso far tutto: suonare il pianoforte, giocare a biliardo, girellare tra i cimeli di quarant’anni di carriera, sedersi sui divani a scartabellare giornali e locandine. E ammirare i ricettari, scritti e decorati a mano dallo stesso Ugo con pennarelli colorati. Ed è mentre sfogliamo uno dei suoi quadernini che, alla ricetta dei fiori di zucca ripieni, ci si propone un colpo di scena degno del contesto: gli stessi fiori preparati per noi, assieme a croccanti foglie di salvia fritta. Regista dell’inaspettata scenografia è l'amico del cuore di Ugo: il cuoco Benito Morelli. Lo chiamava il “detentore dei miei peccati gastronomici” e con lui, ha creato mille prelibatezze nell'incontro di due vocazioni, quella per il pesce di Benito e quella per l'orto di Ugo. Come accade con l’ultimo antipasto, che ci viene servito in questa rassegna alla Tognazzi. Si tratta di mazzancolle su crema di carciofi romaneschi al profumo di mentuccia; una delle erbe tanto apprezzate da Ugo.

197695Le ricette di Ugo
Le ricette non sempre nascevano da una ricerca precisa, alcune sono state partorite dal caso, o a dir meglio, da un colpo di fortuna. Uno dei più incredibili è quello che ha dato vita al mitico risotto allo spumeggio. Ugo stava cucinando e, accanto ai fornelli, c’era una bottiglia di spumante molto gassoso di sua produzione (in famiglia era chiamato, non a caso, “lo schiumante”): il calore fece saltare il tappo e il vino finì abbondantemente nella casseruola del risotto facendo imprecare Ugo a più non posso. Ma l'assaggiò lo stesso, per scoprire che era eccellente. Per il nostro pranzo, il cuoco ha messo una mezza bottiglia di spumante al centro della casseruola, poi ha versato una puntina di zucchero nel collo e come per magia la schiuma è sgorgata sul risotto. Una mescolata, un assaggio e subito una consapevolezza: è stato, sì, un gran colpo di fortuna, per tutti noi. E anche uno spettacolo.

197707Tra cinema e cibo
La tavola per Tognazzi era quasi una mania. Nell’introduzione de L’abbuffone, uno dei suoi libri, scriveva: “…mi sento vivo davanti a un tegame. L’olio che soffrigge è una musica per le mie orecchie. Il profumo di un buon ragù l’adoprerei anche come dopo barba”. A tavola nascevano battute, personaggi, idee. È stato uno dei primi a rendersi conto che la cucina non era solo gusto e olfatto. Intuì il valore dell’impiattamento: grande esteta, voleva che ogni piatto fosse un’opera di seduzione. E questo in tempi in cui si discuteva poco di cibo, se non per mangiarselo. Sempre interpretando i gusti dell’amico di abboffate, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, Benito ci ha preparato l’abbacchio alla mentuccia gratinato al pecorino con patate al caramello (con lo zucchero, sì). Una cosa che solo Tognazzi poteva pensare e grazie al cielo l’ha fatto. Un accostamento pazzesco e divino.


Un cuoco prestato al cinema
A celebrare degnamente la fine del pranzo, il dessert: una deliziosa rovesciata di mele al profumo di cannella, un grande classico di Ugo, che gli permetteva di sfoggiare la qualità del suo frutteto, altro che supermercato. Aveva ragione, allora, quando diceva di essere un cuoco prestato al cinema? Era un grande attore, ça va sans dire, apprezzatissimo anche all’estero, ma nella sua cerchia di amici era effettivamente il maestro del convivio, quello che scherzava goliardicamente con la vita e con le persone. Interprete ante litteram del palcoscenico oggi più calcato: la cucina, appunto. Alla fine di ogni pranzo, invitava gli ospiti a scrivere un giudizio su un foglietto, secondo una scala che andava da “straordinario” a “grandissima cagata”. Veniva sempre premiato, ma una volta Paolo Villaggio, che abitualmente sminuiva le sue ricette, trascinò i presenti in una pessima critica. Ugo si ritirò in camera offeso, senza nemmeno salutare. Avessimo potuto scriverlo noi quel biglietto, sarebbe rimasto a tavola, a compiacersi assai.

197699Risotto allo spumeggio
Ingredienti: 600 g di riso Carnaroli – 1 grossa cipolla – 6 cucchiai di parmigiano reggiano Dop grattugiato – 1 bottiglietta (350 ml) di spumante molto secco – 1 cucchiaino da caffè di zucchero – 60 g di burro – 1 litro abbondante di brodo di carne – sale


Preparazione
1) Ammorbidite in un tegame la cipolla tritata finemente con il burro, senza far imbiondire.
Aggiungete il riso, tostatelo per 1 minuto nel condimento, poi unite 1 mestolo di brodo e lasciate che si asciughi. Procedete così, aggiungendo un mestolo di brodo per volta e portando il riso a cottura (18 minuti in tutto): il risotto deve risultare cremoso e denso.


2) Intanto, lavate la bottiglietta di spumante, asciugatela, stappatela e togliete 2 dita di vino.


3) Fuori dal fuoco, mantecate il risotto con il parmigiano. Mettete la bottiglietta al centro della casseruola con il riso tutto intorno e versate lo zucchero nel collo: uscirà una schiuma che coprirà il risotto (se la ritenete eccessiva, togliete subito la bottiglia). Mescolate e servite in piatti riscaldati. Potete anche spumeggiare il risotto mettendo la bottiglietta al centro di un grande piatto con i bordi rialzati (riscaldato) e disponendo il risotto intorno.

Ornella d'Alessio e Cristiana Cassé
Ricetta di Ugo Tognazzi, cucinate da Benito Morelli
Foto di Serena Eller
marzo 2020

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