Oscure gastronomie o un nuovo modo di fare ristorazione? Le smart kitchen - dark, ghost e cloud – sono cucine professionali dove cuochi e operatori preparano cibo destinato a essere consegnato e non consumato nel locale. Perché il locale non c’è, al massimo c’è una finestra di consegna per take away, quando è previsto. Convenientemente nascoste agli occhi del cliente finale, le smart kitchen puntano sull’esplosione del food delivery online in Italia dovuta all’emergenza pandemica con l'aumento dei servizi di consegna e utilizzano le piattaforme di food delivery, chiamate tecnicamente “aggregatori”. Questo trend, spinto anche dalla mutevolezza delle preferenze dei consumatori, è da poco sbarcato in Italia, ma in Europa queste realtà imprenditoriali sono numerose. Le smart kitchen operano esclusivamente attraverso ordini ricevuti digitalmente, tramite app (proprietarie o di piattaforme di food delivery), via telefono o tramite un sito Web: questa modalità è definita marketplace.
I numeri
Il boom del cibo a domicilio nelle case degli italiani, secondo i dati dell’Osservatorio nazionale sul mercato del cibo a domicilio, nel 2021 è aumentato del 59% rispetto al 2020, quando già la crescita rispetto all’anno precedente era del 46%.
Con una copertura di food delivery che tocca il 93% delle città sopra i 50.000 abitanti (con Milano in testa, che da sola vale il 35% del giro d'affari italiano, seguita da Torino e Roma), nelle medie e grandi città italiane nascono e operano questi nuovi modelli di business dai nomi anglicizzati e un po’ cupi (paiono “rubati” a un videogame stile Dungeon&Dragons), che però non sono uguali tra loro: scopriamo le differenze.
Dark kitchen
La cucina “oscura, nascosta”: in questo caso si ha un ristorante vero e proprio che sceglie di riservare un’area della sua cucinaesclusivamente alla produzione e alla gestione di cibo che viene dedicato al food delivery. Talvolta viene creato un secondo brand (diverso da quello del ristorante) che però è solo virtuale ed esiste solamente online. Questa seconda insegna appare solamente nelle piattaforme di aggregazione e distribuzione per la consegna a domicilio e spesso viene creata per cavalcare le mode culinarie del momento, come quella del sushi e del poke. Il ristoratore sviluppa questo doppio regime con lo scopo di aumentare il proprio business, ottimizzando personale e materie prime e, se il ristorante si trova in una zona ad alta densità di consumo (per esempio, ricca di uffici), riesce a raggiungere un più alto numero di clienti senza aumentare i coperti del ristorante e a operare con un orario di servizio più ampio di quello tradizionale della clientela di sala. Questa soluzione può prevedere il take away.
Ghost kitchen
La cucina “fantasma”: in questo caso si tratta di un singolo operatore che gestisce un laboratorio-cucina remoto: nessuna sala da pranzo e nessuna insegna. La preparazione del cibo si svolge all’interno del locale laboratorio e non prevede somministrazione diretta al pubblico. Da qui possono partire uno o più brand riservati esclusivamente al delivery: non è previsto neanche il take away. La ghost kitchen opera esclusivamente attraverso le principali piattaforme di delivery e solitamente si focalizza su proposte ristorative specifiche, spesso offerte etniche di tendenza. L’operatore della ghost kitchen può gestire più brand o ristoranti virtuali; i menu sono dinamici e possono essere elaborati in base all'analisi dei dati ricavati dagli ordini, contenendo il food cost.
Cloud kitchen
La cucina “condivisa”: opera a tutti gli effetti con uno schema di co-working. Una società mette a disposizione uno spazio-cucina preallestito con attrezzature e dotazioni tecniche e suddiviso in tante postazioni: diversi operatori - senza nessun legame imprenditoriale tra loro - che intendono avviare un business di ristorazione delivery-only possono affittare una postazione, condividendo la cucina e molti dei costi operativi ma rimanendo ognuno gestore della propria attività. La cloud kitchen, su richiesta, può anche offrire servizi aggiuntivi oltre alla locazione, come la gestione del cassetto fiscale dei clienti, la promozione online dei menu, la gestione delle relazioni con le piattaforme e i marketplace di food delivery, etc. Alcune di queste piattaforme (aggregatori di food delivery) realizzano Cloud Kitchen in proprio da affittare poi a ristoratori che si impegnano a produrre in esclusiva per l’aggregatore stesso, in modo che il brand virtuale sia ordinabile solo attraverso un’unica piattaforma.
Un’altra opzione
La si può sovrapporre a tutte quelle menzionate qui sopra: è la virtual kitchen, la cucina virtuale, che opera con un sistema di franchising: prevede infatti che il ristoratore della dark kitchen, ghost kitchen o cloud kitchen si impegni a produrre e consegnare cibo prodotto sotto licenza di franchising o licensing di un altro brand. I piatti prodotti all’interno della cucina dovranno seguire scrupolosamente le ricette, la comunicazione, il marketing e il know how imposto dal master franchise.
Questi modelli di business sono in costante crescita e probabilmente continueranno a esserci anche in futuro, visto che hanno tutti in comune degli importanti punti cardine: l’abbattimento dei costi fissi tipici di un ristorante tradizionale (personale di sala, arredamento e manutenzione); la possibilità di sviluppare prodotti pensati e ottimizzati per la consegna a domicilio, l’utilizzo di piattaforme di aggregazione e distribuzione per la consegna a domicilio già esistenti e consolidate e, per le ghost e cloud kitchen in particolare, il fatto che - rispetto alle cucine tradizionali, dove il cliente seduto nel locale ha la precedenza sull’ordine in delivery - la velocità delle consegne.
Ma... c’è un ma: a questo tipo di ristorazione manca un aspetto estremamente importante – l’esperienza del mangiar fuori, l’atmosfera del ristorante, il coinvolgimento che dà il consumo nel locale con l’ausilio di camerieri e sommelier, tutti fattori che rendono il momento speciale per la clientela.
Se gli sforzi fatti da queste nuove realtà di ristorazione per ovviare a questa mancanza e fidelizzare il cliente - che vedono l’utilizzo di packaging raffinati e sostenibili e la possibilità di ordinare piatti su misura e non standardizzati - avranno successo, è presto per dirlo.
Francesca Tagliabue
febbraio 2022