Toglieteci tutto ma non le bollicine: neppure il Covid ha stemperato la passione degli italiani per i vini spumanti, le cui vendite hanno continuato a crescere anche durante la pandemia. Secondo l’Osservatorio Unione italiana vini-Ismea, per le feste di fine 2021 si stapperanno 88 milioni di bottiglie di spumanti, il 14% in più che lo scorso anno. Un vero record, che consolida l’immagine dell’Italia come paese degli spumanti. In effetti, siamo i leader al mondo in termini di produzione (con oltre 700 milioni di bottiglie), siamo la patria delle bollicine più bevute sul pianeta (quelle del Prosecco Doc) e soprattutto abbiamo esteso questa produzione a tutto il territorio nazionale, tanto che oggi gli spumanti si fanno dall’Alto Adige alla Sicilia. Questa “bubble fever” ha fatto ampliato l’offerta di spumanti e questo ha sì permesso di provare nuovi vini ma ha anche reso più complicata la scelta. Ecco un veloce prontuario per orientarsi nel ricco e variegato panorama degli spumanti italiani.
Step 1: controlla il metodo di produzione
La prima indicazione fondamentale per scegliere uno spumante è controllare con quale dei due metodi è stato prodotto. Il più diffuso in Italia è lo Charmat, in cui la seconda fermentazione (necessaria per catturare l’anidride carbonica all’interno della bottiglia e creare le bollicine) avviene in grandi contenitori a pressione e a temperatura controllata. Usato per numerosi spumanti (come Prosecco, Valdobbiadene, Lambrusco, Monti Lessini Durello, Malvasia, Ortrugo, Muller, Pinot e Moscato), valorizza soprattutto i vitigni aromatici e permette di ottenere spumanti profumati e freschi, fruttati e aromatici, leggeri e ideali per l'aperitivo.
L’altro metodo è quello Classico e viene indicato in etichetta anche con la dizione “fermentato in bottiglia”, perché è questa la sua particolarità. Utilizzato per spumanti pregiati (come Franciacorta, Trento e Oltrepo Pavese) e applicato di recente anche a vitigni autoctoni, mai usati prima per le bollicine (come il Prié blanc in Valle d’Aosta, il Sangiovese in Toscana o il Nerello mascalese alle pendici dell’Etna), richiede tempi lunghi e grande attenzione in cantina. E dà spumanti strutturati, con bollicine fini e persistenti, che sono adatti a tutto pasto.
Step 2: verifica come e dove è stato fatto
Un’altra indicazione importante è la presenza di un’indicazione geografica europea, che garantisce la provenienza delle uve e il territorio in cui sono state lavorate, così come il rispetto di un disciplinare produttivo. Il bollino Doc (Denominazione di origine controllata) è stato attribuito a sei spumanti (Trento, Prosecco, Offida spumante, Oltrepo Pavese, Lugana, Colli Euganei) che sono ottenuti con uve provenienti da una determinata zona, ben specifica e delimitata.
Più selettivo è il bollino Docg (Denominazione di origine controllata e garantita), che è stato riconosciuto a 12 spumanti (Franciacorta, Asti, Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, Asolo Prosecco, Roero Arneis, Oltrepo Pavese Metodo Classico, Gavi, Alta Langa, Brachetto d’Acqui, Vernaccia di Serrapetrona, Cartizze Spumante). Ha regole più severe e può essere assegnato solo a vini di particolare qualità che sono Doc da almeno 5 anni.
Altre qualifiche, consentite dalla legge per alcuni vini, forniscono garanzie ulteriori. Come il termine “riserva”: è attribuito ai vini sottoposti a un periodo di invecchiamento non inferiore a un anno nel caso degli spumanti ottenuti con metodo Charmat e a tre anni per gli spumanti ottenuti con metodo Classico. Molto diffuso è anche il termine “millesimato”: indica che almeno l’85% del vino proviene dall’annata indicata in etichetta.
Step 3: individua lo spumante giusto per il tuo menu
Negli spumanti zucchero e lieviti sono indispensabili per avviare la fermentazione del vino e sviluppare le bollicine. In base al tenore zuccherino (cioè ai grammi di zucchero contenuti in un litro di vino) si distinguono in sette tipologie, che devono essere indicate in etichetta e che sono molto utili per valutare con quali alimenti si abbina meglio.
Lo spumante più secco è il Pas dosé, quello che non viene rabboccato con altri vini o sciroppi di dosaggio e che per questo resta perfettamente secco (meno di 3 g di zuccheri). Oggi è il più trendy e viene presentato in etichetta anche con le dizioni “dosaggio zero”, “brut nature” o “pas dosé”. Le altre tipologie sono l’Extra Brut (meno di 6 g), il Brut (fino a 12 g), l’Extra Dry (12-17), il Dry (17-32), il Demi sec (32-50) e il Dolce (oltre 50 g).
Step 4: servilo comme-il-faut
Hai scelto con cura lo spumante giusto, non correre quindi il rischio di “svilirlo” servendolo male. Prima regola per apprezzarlo al meglio: fare in modo che, al momento di versarlo nei calici, sia a 5° C di temperatura. Quindi, la bottiglia va messa in tempo in frigorifero e portata in tavola con una fascia refrigerante (wine cooler), tenuta in freezer sino al momento dell’uso.
Una soluzione alternativa (e last minute) è il classico secchiello del ghiaccio, che consente di portare la temperatura a 5°C nel giro di una decina di minuti. Se poi si mette nel secchiello un poco di sale grosso si farà ancora più in fretta.
Per evitare che lo spumante faccia il botto al momento dell’apertura, è bene tenere la bottiglia ferma, evitando di scuoterla e di muoverla. Se è stata sballottata nel trasporto, meglio immergerla in un secchiello da ghiaccio mezz’ora prima di stapparla.
Dicembre 2021
Manuela Soressi