Che avventuroso incrocio di storie ci ha permesso di assaporare quell’autentica delizia natalizia che è il torrone! Un dolce che è ben radicato in tutta Italia proprio grazie al fatto che nel corso dei secoli sono arrivate nel nostro paese le tradizioni di diversi paesi e popoli, accomunati dall’abilità nel creare dolci a partire da miele, albumi e frutta secca. Se, quindi, oggi il torrone italiano è considerato eccellente e la sua produzione è radicata dalla Lombardia alla Sicilia, dal Piemonte alla Campania, dal Veneto alla Calabria, lo si deve anche alle antiche influenze francesi, spagnole, arabe e orientali unite alla valorizzazione delle materie prime locali, come le nocciole piemontesi o le mandorle siciliane. Ecco perché non esiste un solo torrone ma decine di ricette diverse, tutte da scoprire. Per il piacere dei golosi.
Tanti tipi, molte ricette
Proprio il fatto che solo in Italia si producano decine di tipi diversi di torrone rende impossibile codificarne la ricetta. E questo spiega perché in commercio si possano trovare in vendita prodotti tanto differenti l’uno dall’altro, tutti etichettati come “torrone”. Ad accomunarli sono il procedimento produttivo e la ricetta di base, composta da zucchero e miele (soprattutto millefiori), mescolati con l’albume d’uovo montato a neve. La diversità sta negli ingredienti aggiuntivi usati (dai fichi essiccati al cioccolato, dalle mandorle alla frutta candita) ma anche nella forma e nel tipo di pasta, oltre che nell’eventuale aggiunta di additivi, non previsti nelle ricette tradizionali.
A dispetto della sua lunga tradizione, il torrone italiano ha poche tutele. La denominazione “torrone” non è codificata e tra i prodotti protetti nella UE c’è solo un torrone Igp, quello di Bagnara (mentre in Spagna, ad esempio, ce ne sono due). Un “buco” a cui hanno cercato di porre rimedio alcuni enti locali: ad esempio, la ricetta di quello di Cremona è garantita dalla Deco, la denominazione comunale, che stabilisce l’uso di ingredienti pregiati (come le mandorle italiane e il miele locale) presenti in quantità precise (ad esempio, almeno il 36% di mandorle).
Artigianale e industriale a confronto
Il torrone artigianale e quello industriale sono diversi ma, se ben fatti, sono entrambi prodotti di qualità. Il procedimento produttivo è lo stesso, messo a punto nei secoli, ma il torrone artigianale ha una preparazione più lunga, soprattutto per quanto riguarda la cottura. Se quello industriale viene cotto sottovuoto a oltre 100°C di temperatura per massimo quattro ore, quello artigianale resta un prodotto slow: per farlo bene ci vuole tempo e i produttori artigianali se lo prendono tutto (fino a 11 ore e non oltre i 70°C), rifiutando le “scorciatoie”, come le gelatine o il glucosio, che renderebbero la produzione più facile e veloce, o l’aggiunta di additivi e aromi, per migliorare le caratteristiche organolettiche del torrone.
Come riconoscere un torrone di qualità
Occhio agli ingredienti, che devono essere pochi e con frutta secca o miele al primo posto. Meglio che non ci siano additivi (come aromi o conservanti) o gelatina di origine animale. Quanto alla consistenza, il torrone morbido non deve rivelarsi gommoso (segno che contiene gelificanti e addensanti e pochi ingredienti nobili), mentre quello duro deve rompersi con una frattura netta, senza sbriciolarsi.
Che sia duro o tenero non importa: l’importante è che, una volta addentato, si sciolga subito in bocca, senza attaccarsi ai denti e lasciando la bocca piacevolmente pulita. È importante anche che la dolcezza non sia eccessiva e non copra ogni altra sensazione e che il gusto si riveli ricco e armonico, con note evidenti di frutta secca e miele.
Due specialità tradizionali “made in Italy” da provare
Per fare un acquisto “a scatola chiusa” si può scegliere il torrone di Bagnara Calabra, l’unico in Italia ad aver ottenuto l’Indicazione geografica protetta (Igp). Questo torrone di lunga tradizione ha una ricetta codificata, e unica sia per ingredienti (mandorle siciliane tostate ma non pelate, miele d’agrumi e zucchero con l’aggiunta di cacao amaro, oli essenziali e spezie in polvere) sia per tecnica produttiva (cuoce a fuoco diretto a 180-200°C anche fino a sei ore). Si ottiene così un torrone di colore marrone e con una superficie increspata (infatti è detta “a manto di monaco”), con una consistenza vitrea che ricorda l’ambra, e una pasta friabile e croccante, con tante mandorle ben distribuite. Al palato è squisito ed equilibrato, perché la dolcezza delle mandorle tostate è bilanciata dalla sensazione di brulé e dal leggero retrogusto speziato.
Un’altra specialità da provare è il torrone di Tonara, famoso da secoli e non solo in Sardegna. Infatti Tonara è considerato il paese dei torronai ambulanti, che si producevano in casa il torrone, cuocendolo sul fuoco vivo, e poi andavano a venderlo nelle feste di paese. Oggi ne restano in attività una cinquantina, che continuano a portare il loro prodotto in tutta la Sardegna. A mandare il torrone di Tonara in giro per l’Italia e il mondo sono invece quattro aziende che lo producono in laboratori moderni ma sempre rispettando la ricetta classica tradizionale. La sua particolarità è che viene preparato solo con tre ingredienti: albume, frutta secca (che da sola ne rappresenta la metà del peso) e miele di Barbagia. Lo si sente chiaramente quando lo si assaggia: il miele gli dà un intenso profumo, l’alto contenuto di frutta secca una dolcezza equilibrata e non stucchevole, mentre l’albume gli regala una consistenza semi-morbida ed elastica.
Dicembre 2021
Manuela Soressi