Gonzaga e UNESCO. Arte e cultura. Rinascimento e buona cucina. Mantova (è di lei che si parla, ovviamente) è tutto questo ma anche molto di più. Capitale dei Gonzaga, vale a dire una delle più raffinate signorie rinascimentali, si è meritata il bollino UNESCO proprio per la perfetta forma urbanistica che i vari Leon Battista Alberti, Andrea Mantegna e Giulio Romano (i migliori artisti su piazza ai tempi dei Gonzaga) le hanno regalato. Va da sé che la piccola capitale padana è la meta ideale per un incontro ravvicinato con storia e capolavori artistici, con chiese sontuose e palazzi che sono un elogio del lusso, con specialità che escono dai ricettari di corte ma anche dalle cucine ruspanti della Bassa Pianura. Meta ideale anche perché la si raggiunge comodamente e senza stress con i treni Frecciargento di Trenitalia o con i regionali in partenza da Milano, da Modena e da Verona.
La città, un museo a cielo aperto
Mantova, lo si capisce presto, è un vero museo a cielo aperto dove è bello perdersi tra i vicoli, camminare senza una meta precisa e lasciarsi sorprendere passo dopo passo. Quello che aspetta il visitatore attento e curioso è un elegante megacontenitore di piazze e case signorili, di edifici religiosi scenografici e architetture col fascino dei segni del tempo. Non mancano le sorprese, naturalmente. Come quella di scoprire che Mantova ha una doppia natura, quella di città di terra e, contemporaneamente, d’acqua: una delle destinazioni cittadine più instagrammate, infatti, è quella del Ponte San Giorgio da dove il profilo di Mantova e del suo Castello si specchia nelle acque dei laghi (il Superiore, il Lago di Mezzo e l’Inferiore) che abbracciano la città. Il Lago Superiore, tra l’altro, regala un’altra sorpresa: in estate, esplode di infinite sfumature di bianco, giallo, arancio, rosa, rosso, grazie alla fioritura dei fiori di loto che formano sulla sua superficie una specie di isola galleggiante di corolle e foglie. Ancora città e ancora acqua: stavolta è quella del Lungo Rio, una Mantova certamente meno nota ai turisti. Il Rio è il canale che attraversa il centro storico, per collegare il lago Inferiore e quello Superiore ed è sul Lungo Rio che si vedono le Pescherie e le Beccherie: progettate nel Cinquecento dal grande architetto di corte Giulio Romano, erano i mercati di carne e pesce affacciati sul corso d’acqua e oggi sono una tappa imperdibile in ogni carnet di visita.
Il trekking urbano tra le meraviglie architettoniche di Mantova
Ma tutta Mantova è un concentrato di occasioni di visita lontane da semafori e grattacieli con una matassa di itinerari da districare a piacimento. Acque a parte, infatti, da segnare in agenda il trekking urbano che percorre il Sistema delle Piazze (Piazza Erbe e Piazza Mantegna, Piazza Broletto e Piazza Sordello) e che porta alla scoperta dei monumenti top della città: la Rotonda di San Lorenzo, la chiesa più antica di Mantova, in Piazza delle Erbe; in Piazza Mantegna la Basilica di Sant’Andrea che Leon Battista Alberti disegnò ispirandosi agli archi trionfali dell’antica Roma, il Palazzo del Podestà, in Piazza Broletto e, infine, in Piazza Sordello, il Duomo, Palazzo Bonacolsi e “lui”, il Palazzo Ducale. Un palazzo delle meraviglie, verrebbe da dire, per le sue dimensioni, prima di tutto. Con il suo migliaio di stanze, la residenza ufficiale della famiglia Gonzaga è una reggia tra le più grandi d’Europa, un assemblaggio di edifici e residenze, di cortili e giardini, in un mix architettonico di stili e tendenze, dal gotico al rinascimentale al barocco. Il Palazzo Ducale, poi, custodisce anche (o soprattutto?) un patrimonio artistico notevole, ennesimo punto di arrivo (o partenza) della Mantova più sorprendente. Qui gli artisti di corte, chiamati dai Gonzaga per abbellire la loro reggia, hanno lasciato le loro tracce: Pisanello, tra i primi, con i suoi affreschi ispirati alle storie dei cavalieri della Tavola Rotonda, e poi Rubens che col suo dipinto oversize celebra la gloria dei Gonzaga, e ancora Giulio Romano con il ciclo di affreschi della Sala di Troia o Raffaello, autore dei cartoni preparatori per la serie di arazzi con le storie degli apostoli Pietro e Paolo.
Il gioiello del palazzo è, però, un altro e da solo vale la visita: è la famosa Camera degli Sposi di Andrea Mantegna, voluta dal marchese Ludovico II per celebrare la sua dinastia. Nella camera picta (ai tempi di Mantegna tutti la chiamavano così) c’è tutto: la quotidianità (Ludovico viene rappresentato in veste da camera e in pantofole accompagnato dal suo cane), l’ufficialità (il marchese incontra il figlio Francesco appena nominato cardinale) e l’estro geniale: il soffitto, infatti, si apre con un effetto trompe-l’oeil strabiliante mostrando un pezzo di cielo delimitato da balaustra dalla quale si affacciano ragazze sorridenti, un pavone e puttini dispettosi. Se Palazzo Ducale è il simbolo del potere dei Gonzaga, Palazzo Te, la più scenografica tra le delizie gonzaghesche: i Gonzaga oltre ad occuparsi di politica, di alleanze e di guerre, sapevano divertirsi. E quindi, uno di loro, Federico II, aveva commissionato a Giulio Romano la costruzione di un palazzo sull’isolotto Teieto (è quello che ha dato il nome al palazzo) dove il duca e la sua corte trascorreva piacevolmente il tempo libero. Anche in questo caso le sorprese non mancano: il palazzo ricorda le antiche domus romane e, pur essendo una “seconda casa”, sale e saloni sono decorati con affreschi. I più famosi sono quelli della Sala dei Giganti dove Giulio Romano non risparmia gli effetti speciali: la scena della caduta dei Titani che si erano ribellati a Giove suscita l’impressione di trovarsi nel mezzo di un terremoto.
Le chicche gastronomiche di Mantova
Ma oltre agli appassionati di arte e storia, Mantova sa viziare i buongustai con la sua cucina. Che è nata sulle aie delle cascine ma anche nelle sale di Palazzo Ducale, da dove uscirono i primi trattati di gastronomia. Una cucina di popolo e di corte, insomma, dove un ingrediente rustico come la zucca, per esempio, diventa protagonista di una delle più raffinate specialità ducali, i tortelli di zucca, che in città si preparano dal ‘500, da quando cioè Cristoforo Messisbugo, scalco (cioè cuoco, maggiordomo e maître) alla corte dei Gonzaga, li introdusse nei banchetti di corte. La tradizione vuole che il ripieno, oltre alla zucca, sia arricchito da amaretti, grana, noce moscata e, soprattutto, mostarda. Una mostarda con un DNA unico, differente dalle altre mostarde padane: prima di tutto per il formato dei frutti (che vengono tagliati a piccoli pezzi e non lasciati interi) e poi per la composizione (la tradizione le vuole di monofrutto). Gettonatissime, per esempio, le mostarde di mele campanine (le mele della nonna, le chiamano in città) o di mele cotogne. Dalle cucine ducali sono uscite anche altre paste ripiene come gli agnolini, i piccoli ravioli con ripieno di carni miste (manzo, maiale, pollo). Che diventano sorbìr d’agnoli quando, presentati in una tazza da consommé, sono serviti in brodo di gallina colorato da un goccio di Lambrusco. Vino che, va detto, si abbina perfettamente alle specialità della cucina mantovana, grazie alla sua leggera gradazione, allo spiccato sapore fruttato, al gradevole petillage. Ultima, ma non per importanza, c’è il simbolo della Mantova dolce: la sbrisolona, che, come suggerisce il suo nome, va servita a pezzi, a briciole. In origine era un dolce povero a base di farina di mais che col tempo venne arricchita di zucchero, spezie e mandorle, fino ad arrivare alla delizia di oggi, da sbocconcellare pezzetto dopo pezzetto.
Come arrivare
In treno Mantova è facilmente raggiungibile da Modena (con Frecciargento o con treni Regionali) e con i treni Regionali da Verona e Milano. La stazione ferroviaria di Mantova, in P.zza Don Leoni 14, non è lontana dal centro storico che si raggiunge con una breve passeggiata.
Enrico Saravalle
foto Francesca Moscheni, Michele Tabozzi
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