Si chiama Osteria alla Concorrenza e, a un paio di mesi dall’apertura (in via Melzo, a Milano), è già “the place to be” per milanesi e non, popolare grazie al passaparola e già segnalata sulle guide internazionali. Eppure, è semplicemente un posto in cui andare “a bere un bicchiere di vino e fare due ciacole (chiacchiere, ndr), mangiando qualcosa”, racconta Diego Rossi, veronese di nascita e meneghino d’adozione, tra i soci del locale.
Tre amici al bar
Diego Rossi è lo chef che, con il suo ristorante Trippa, ha reinventato il concetto di trattoria e, poco più di un anno fa, ha immaginato questo luogo disegnandolo con le matite colorate, su due fogli carta.
Oggi, quegli scarabocchi sono appesi su una delle pareti dell’Osteria nata una sera, quasi per caso. Sembra di sentire il ritornello della celebre canzone di Gino Paoli: eravamo quattro amici al bar... Gli amici, oggi soci alla pari, erano tre: insieme a Diego, Josef Khattabi, imprenditore della ristorazione che ha al suo attivo altri due locali di successo, ed Enricomaria Porta (nella foto in basso) l’oste, vero frontman di questa avventura.
Il vino
Il cuore del progetto è l’offerta enologica. Vini naturali, come li chiama Diego. Più semplicemente, secondo Enricomaria, “vini che non sono cattivi, non sono industriali e non fanno grandi numeri”. Piccoli produttori che riforniscono l’Osteria di una selezione più che vasta, con un numero di bottiglie presenti contemporaneamente in cantina intorno alle 200 - ma dall’apertura, specificano, ne sono già girate almeno tre volte tanto. Tutto senza una carta. Solo una lavagna con le proposte al calice del giorno. E poi gli scaffali ricolmi, da studiare con l’aiuto di Enricomaria e dello staff pronti a spiegare, consigliare, indirizzare anche i clienti più “sprovveduti” sull’etichetta migliore per i loro gusti. Oltre ai vini, birre artigianali comprese alcune derivate da mosto di vino, in onore alla vocazione del locale. In più, qualche vermouth, qualche amaro e qualche distillato selezionati. Abbiamo chiesto a Enricomaria: e se qualcuno vuole un cocktail? “Non li so fare”, si schermisce. “Quindi, perché dare un cattivo spritz quando posso offrire un ottimo vino?”.
Il cibo
Classificato come tavola fredda, il locale non ha una cucina. Ma il cibo non manca di certo. Un bancone con vetrina che straripa di prodotti, un armadio refrigerato alle spalle, vasi e barattoli in esposizione sono il menu mangereccio che accoglie e ingolosisce i clienti.
La solita lavagna riporta i piatti del giorno. Ci sono i crostoni: con tastasal (una sorta di salsiccia fresca veronese) e friarielli, tartare di pecora, ventricina (altro salume morbido tipico del teramano) e stracciatella, cotto e rafano. Ci sono taglieri misti con coppe di testa, soppressate, caciocavalli, tome. Ci sono i piatti caldi (“abbiamo un ottimo microonde!”): lumache, trippa in umido, würstel, pastisada de caval, altra specialità veronese. C’è l’omaggio a Milano con i nervetti, al Piemonte con le giardiniere, alla Puglia con le fave in cravatta, legumi tostati e croccantissimi da sgranocchiare fra un sorso e l’altro. Ma c’è molto di più perché il cibo, come il vino, cambia con le stagioni e le disponibilità dei singoli produttori. Tutto quel che si vede è in vendita, si può consumare sul posto e, in molti casi, portare a casa. Un’abitudine nata durante il lockdown quando l’Osteria, non ancora aperta al pubblico, funzionava come asporto di panini e gastronomia.
Il locale
Sebbene l’Osteria sia nata nel corso del 2020 negli spazi di un vecchio ferramenta, e quindi allestita ex novo, il pavimento a cementine, i mobili in legno scuro, gli specchi, le foto in bianco e nero alle pareti fanno pensare a un locale già vissuto, sicuramente caldo e accogliente. Il nome “Alla Concorrenza” è stato rubato a un’altra ferramenta, ancora in attività, sui Navigli. Le insegne sono state realizzate dalla madre di Enricomaria che ha posato a mano la foglia d’oro della scritta. Un dettaglio che fa intuire come, dietro al progetto, ci siano rapporti umani reali e sinceri, non freddo business.
La gente
Ancora prima che il locale apra al pubblico (dalle 18 a mezzanotte) è un via vai di persone che si fermano per un saluto: l’Osteria si è inserita subito nello spirito del quartiere, nella parte più “pop” di Porta Venezia, e gli abitanti della zona sono stati tra i primi clienti.
Incessante anche il turnover di fornitori. Chi porta carne e piatti cucinati dalla macelleria Carlo Alberto (siamo sempre nel veronese), chi scarica cassette di ortaggi e chi – ça va sans dire – di vino. Tutti si fermano per bere una cosa, assaggiare un boccone, fare una ciacola. Che questo si va a fare, all’osteria.
Francesca Romana Mezzadri
Foto Henrik Blomqvist e Osteria alla Concorrenza
Luglio 2021