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Rosa, l’altro colore della carne

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Esistono quelle rosse e quelle bianche. Ma sapevate che ci sono anche le carni rosa? Sono quelle suine, presenti da secoli nella tradizione italiana, ma oggi poco valorizzate agli occhi dei consumatori. Un vero peccato, visto che si tratta di carni magre e ricche di proprietà nutrizionali, veloci da cucinare e perfette da gustare in tante ricette tipiche della cultura gastronomica italiana. E anche poco costose. Tutti aspetti positivi che, però, spesso non vengono percepiti, come dimostra il calo continuo degli acquisti. Oggi, dice l’Ismea, solo il 17% della spesa delle famiglie per la carne è destinata alla carne suina. Ecco dunque la proposta di stabilire la categoria delle “carni rosa” per identificare e far risaltare le caratteristiche che rendono interessanti le carni suine moderne, molto diverse rispetto a quelle del passato. Scopriamo come e perché.


PIU’ MAGRE E SANE
Anche i maiali sono stati messi a dieta. Modificato il tipo di alimentazione e cambiato lo stile di vita in allevamento, hanno perso peso e grasso. Ad esempio, il lardo è passato da 8-10 a 1-2 cm di spessore e, nei maiali di 6 mesi, il grasso di infiltrazione è sceso dal 15-20% all'attuale 2-4%. Oltre a diminuire, i grassi hanno anche cambiato struttura. E così la composizione nutrizionale delle carni suine che portiamo in tavola è decisamente migliorata: i grassi sono scesi del 30% e oggi hanno un valore medio del 6,2%. In parallelo la percentuale di quelli “buoni” (e in particolare Omega-3) si è alzata. Invece le proteine sono arrivate a valori compresi tra 19% e 23%, a seconda del taglio e le calorie vanno da 100 a 250 a porzione (ossia per 100 grammi). E, quindi, sono inferiori a quelle delle carni bovine. Ma non solo. Oggi le carni suine hanno un contenuto di colesterolo paragonabile a quello delle carni bianche e un tenore di proteine e di vitamina B1 e B2 allineato a quello delle carni rosse. Rispetto alle quali, hanno meno grassi e molto meno sodio (cinque volte di meno). Anche l’apporto di vitamine e minerali è cresciuto. Con 100 g di carne di maiale si coprono oltre il 50% del fabbisogno quotidiano di vitamina B1, il 25% di quello di selenio, il 36% di quello di vitamina B12, il 20% di quello dello zinco e il 17% di quello del ferro.


PIU’ DIFFERENZIATE
Probabilmente, quando andiamo a fare la spesa, non ce ne rendiamo conto ma la carne di maiale non è tutta uguale. Anzi. Può provenire da suini cosiddetti “leggeri “ o da suini “pesanti” e da parti anatomiche diverse, come coscio, lombo o spalla. E le differenze sono notevoli, sia come valore nutrizionale che come risultato in tavola. La prima differenza da conoscere è quella tra i suini leggeri e quelli pesanti. I primi sono destinati alla produzione di carne fresca: per questo si usano poche selezionate razze e le si alleva per 5-6 mesi, finché arrivano ai 100-110 kg di peso. Invece per i "suini pesanti" ci sono una maggior varietà di razze e un’alimentazione diversa, e anche l’allevamento è più a lungo (circa 8-9 mesi) finché arrivano a pesare sui 160 kg. Le loro carni sono destinate soprattutto alla produzione di salumi ma da quelli cresciuti e allevati in Italia si ottiene anche carne fresca. C’è anche una carne suina fresca tutta italiana che ha ottenuto la DOP (Denominazione di origine protetta): è quella di cinta senese, ottenuta da maiali di questa storica razza, allevati allo stato brado o semi-brado e alimentati prevalentemente al pascolo finché raggiungono i 120 kg di peso. Le carni di cinta senese sono molto richieste e apprezzate per il gusto spiccato, il colore più intenso e la forte presenza di grasso di marezzatura, più fluido e gradevole. Inoltre, quando le si cuoce, perdono meno acqua, restando più tenere e gradevoli.


PIU’ VERSATILI IN CUCINA
Da un maiale leggero di 100 kg si ottengono 60 kg di carni fresche, suddivise in almeno una dozzina di tagli diversi i cui nomi spesso variano da regione a regione. La parte pregiata dei tagli di un suino rappresenta meno della metà del b dell'animale vivo. Il taglio più pregiato e costoso è il carré (chiamato anche lombo): è il migliore per preparare arrosti o da cucinare in umido. Quando è disossato diventa la lonza, da consumare arrosto o brasata. L’altro taglio top è la coscia: oltre a essere utilizzata in salumeria per ottenere il prosciutto, viene consumata anche fresca, per arrosti particolarmente ricchi, oppure tagliata a fette per ottenere delle ottime bistecche. È indicata anche per spezzatini e spiedini. Poi ci sono i tagli grassi, che rappresentano circa un quarto della carne ricavata da un maiale. Sono tutti da riscoprire perché sono gustosi, versatili e convenienti. Ha un ottimo rapporto qualità/prezzo la coppa, ossia la parte che si ricava dal capocollo (i muscoli del collo e del dorso.) È un taglio morbido e saporito, perfetto per arrosti, spezzatini e brasati, ma spesso usato anche per le bistecche. Un altro popolare taglio “grasso“ sono le puntine (o costine), ossia a parte terminale delle costole del carrè. Molto saporite e gustose, per la presenza dell’osso, sono a squisite in umido, deliziose al forno con le patate e incomparabili nelle grigliate. Nota importante: in ogni modo la si cucini, la carne suina va sempre cotta bene e non dev’essere mai servita al sangue.


Manuela Soressi
luglio 2019



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