Ha investito sulla longevità, l’azienda di Franciacorta Corteaura, e lo ha fatto fin dall’inizio della sua avventura. Era il 2009, quando Federico Fossati decise di abbandonare lo studio di commercialisti in cui lavorava e dare spazio al suo sogno di fare vino. A supportarlo, la madre Federica Massagrande, che lo ha sempre affiancato nell’ardua strada della novità. Sono due persone che coniugano umiltà e tenacia, pazienza e forza, spontaneità e capacità imprenditoriale, tutte doti necessarie per dare forma a un progetto ambizioso. L’idea era quella di fare vino e di farlo buono. Volevano fare qualcosa di diverso, che andasse a rispecchiare il loro gusto e che, al contempo, potesse essere una proposta diversa per il mercato.
Il felice incontro con la lungimiranza di Pierangelo Bonomi, enologo con una lunga e prestigiosa carriera alle spalle, è stato inevitabile: Federica e Federico stavano ponendo i mattoncini per un progetto entusiasmante e Pierangelo, da buon pioniere quanto loro, ha aderito alla proposta senza pensarci troppo.
La scelta è ricaduta sulla terra di Franciacorta, nobilitata dalle bollicine fini e complesse del Metodo Classico. Si voleva dare ai vini il proprio tempo, lasciando loro la possibilità di svolgersi in un periodo minimo di affinamento sui lieviti che fosse superiore a quello previsto dal Disciplinare imposto per la tipologia.
Così si iniziò, nella cantina di Corteaura, a mettere in bottiglia vini longevi, complessi e fini, capaci di raccontarsi nella paziente attesa sui lieviti. In etichetta campeggia una tartaruga, simbolo della lentezza misurata e cadenzata nella saggezza. Il nome dell’azienda Corteaura nasce, invece, da una sintesi fra la terra adottiva del progetto - la Franciacorta - e l’aura di positività che i greci ritenevano fosse presente, per natura, in ognuno di noi. Esattamente come nei loro vini, che, proprio per questo motivo, richiedono il giusto tempo per esprimersi in tutta la loro bellezza.
Il portfolio della cantina si compone di 7 etichette, che spaziano dalla piacevolezza più immediata del Brut, fino alla complessità dei Millesimati e del Pas Dosè, senza dimenticare il carattere incisivo del Rosè, la morbidezza del Demi-Sec ma anche il tratto vellutato del Satèn. Ce n’è per tutti i gusti, insomma: diverse combinazioni di uve Chardonnay e Pinot Nero da declinare nel tempo e da provare negli abbinamenti più disparati, grazie a quella versatilità di accostamento che solo i Franciacorta improntati sulla finezza possono offrire.
Sofia Landoni
Marzo 2019