Non chiamateli, banalmente, castagne, perché i marroni sono qualcosa di più. Perché se è vero che questi due frutti sono “parenti”, provenendo da due varietà diverse del castagno europeo (Castanea sativa Mill.), e che quindi si somigliano, è però altrettanto vero che le differenze sono tante, e si vedono, e si sentono. Le castagne sono i parenti poveri, i marroni sono quelli ricchi perché sono più pregiati, più ricercati, più apprezzati e, paradossalmente, anche più rari. Un po’ perché le produzioni sono limitate, un po’ perché il marrone è delicato e bastano avverse condizioni climatiche per rovinare un intero raccolto.
La versione curvy delle castagne
Grandi e tondi come sono, a colpo d’occhio i marroni sembrano delle super-castagne. Si tratta di due caratteristiche importanti, perché qui la dimensione è determinante per la qualità e il valore: in un riccio di castagna possono trovare posto fino a sette frutti, mentre in un riccio di marroni ne sono custoditi al massimo tre. Osservandoli meglio, i marroni si distinguono anche per la buccia striata, con sfumature un po’ più chiare rispetto alle castagne. E quando li si apre si scopre che la pellicola che ricopre il frutto e lo separa dalla buccia è molto più liscia e omogenea rispetto a quella delle castagne. E molto più facile da rimuovere. Con le castagne condividono le stesse caratteristiche nutrizionali e il sapore dolce e delicato, ma per il resto i marroni ma hanno una marcia in più. Già nel 1939 esisteva un Regio decreto che metteva nero su bianco la distinzione. Se le castagne comuni sono i frutti di alberi “selvatici”, i marroni sono il prodotto di alberi che sono stati modificati dall’uomo (come moltissime altre specie vegetali) selezionando gli esemplari migliori, con potature e innesti, fino a ottenere cultivar di ottima qualità. Insomma i marroni sono il frutto della sapienza agricola dell’uomo.
Le terre dei marroni
Questa differenza tra alberi di castagne e di marroni spiega perché la geografia di questi due frutti non coincida. Il castagno fu preso dai Romani in Asia Minore e coltivato in tutte le terre dell’impero, in modo massiccio, perché dava un legno pregiato, duro e resistente. In origine dunque, l’aspetto alimentare del castagno era secondario. Diventò centrale, invece, nel Medioevo, quando i suoi frutti, dolci e nutrienti, divennero una componente importante dell’alimentazione popolare, tanto da essere chiamati “il pane dei poveri” o “i cereali che crescono sugli alberi”, perché oltre ad essere arrostite o bollite se ne ricavava una farina molto nutriente. In Italia i castagni si stendono dalle pendici delle Alpi sino ai monti di Calabria e Sicilia, dove, nel parco dell’Etna, se ne conserva un esemplare millenario, considerato l'albero più antico e più grande d'Europa. Invece i marroni sono meno diffusi. La regione dove se ne producono di più è la Campania, ma sono importanti anche la Toscana (e l’area dell’Appennino Tosco-Emiliano), il Piemonte e il Veneto.
L’Italia ha il record nelle Dop e Igp
Numerose sono le specialità locali, come il marrone di Marradi e quello del Monte Amiata, e ben sette sono i marroni tutelati in tutta Europa con la Dop (Denominazione di origine protetta) o la Igp (Indicazione geografica protetta). Un record assoluto. Dal Piemonte arriva il Marrone Della Valle di Susa Igp, medio-grande, dal profumo intenso, dalla polpa croccante e dolce. Particolarmente facile da pelare, in quanto l’epicarpo si stacca dalla polpa con estrema rapidità, è ideale per i marrons glacés e sotto grappa. È tipico del Veneto, e della provincia di Treviso in particolare, il Marrone di Combai Igp, che si distingue per la buccia brillante, striata e di colore marrone scuro, e per la polpa farinosa, zuccherina, consistente, croccante e resistente alla cottura. Viene largamente impiegato in pasticceria per la preparazione di confetture e dolci come il tiramisù alla crema di marroni, e in zuppe, come il tradizionale mondoi (marroni in brodo). L’altra tipicità tutelata del Veneto è il Marrone di San Zeno Igp, tipico del veronese, pezzatura medio-grossa e dal colore marrone chiaro, con cui si ottengono pane, pasta e polenta, e si cucina il tipico minestrone di marroni. Cresce nel bolognese il Marrone di Castel del Rio Igp, molto profumato e polposo, e molto facile da sbucciare, che entra in tante preparazioni culinarie tradizionali, tra cui il fagiano, i tagliolini, le frittelle, il castagnaccio e le meringhe. Tipici i marroni lessati, serviti con i vini moscati o passiti o con il vino novello. La Toscana ha ben due tipologie tutelate dalla Ue. Il Marrone di Caprese Michelangelo Dop cresce in parte della provincia di Arezzo e si caratterizza per l’aroma che richiama mandorla e vaniglia. Ottimo cotto arrosto, glassato, oppure pelato e bollito, è usato in molte ricette come le frittelle e il castagnaccio. Invece il Marrone del Mugello Igp, che nasce da una particolare varietà di castagno, il marrone fiorentino, e si caratterizza per le dimensioni medio-grandi e la polpa bianca e croccante, gradevolmente zuccherina. Scendendo in provincia di Salerno si scopre il Marrone di Roccadaspide Igp, molto grande e spiccatamente dolce, che si consuma fresco, sotto forma di farina con cui si fanno primi piatti e dolci, come caldarrosta o come contorno per secondi di cacciagione. È molto richiesto anche dall’industria dolciaria per realizzare marron glacé, marmellate, castagne al rhum e puree.
Come cucinarli
Ottobre e novembre sono la stagione dei marroni e non c’è niente di meglio che andare a scoprirli nei territori dove nascono. L’occasione la danno le tante feste e sagre dedicate a questi prodotti autunnali. E se si torna da una di queste manifestazioni con un bel sacchetto di marroni, che farne? Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Sono deliziosi arrostiti o bolliti, ma possono essere utilizzati anche come ingrediente in molte ricette, dagli antipasti fino ai dolci. Inoltre, bolliti o arrostititi, li si può usare come contorno alla cacciagione, con l’arista o con il pollo arrosto. Dove i marroni danno il meglio di sé è nei dessert, tanto che sono chiamati "il diamante della pasticceria", dove sono protagonisti di molte ricette deliziose e raffinate, come i marrons glacés, il montebianco e i marroni allo sciroppo, e dove entrano come ingredienti in semifreddi di stagione (ottimo l’abbinamento con la crema di cachi).
Marrons glacé: attenzione a quelli “di serie B”
I marrons glacés vennero creati nel 18esimo secolo e serviti dapprima nei banchetti dei nobili, diventando presto un vanto della pasticceria italiana. Ad esempio, nel “ricettario” settecentesco della nota e storica pasticceria Romanengo di Genova, si trovano illustrate due ricette per candire i marroni. La canditura era un vanto delle famiglie patrizie genovesi che potevano esibire nei loro banchetti invernali la meraviglia della frutta fuori stagione. Oggi i marrons glacés sono una delizia alla portata di tutti. Ma restano un prodotto pregiato, perché i marroni sono costosi e richiedono una lunga e delicata lavorazione. Per questo meglio diffidare dei marrons glacés a basso costo: ottenuti con una produzione puramente industriale e a partire dalle più economiche castagne, si riconoscono perché sono molto duri al tatto e perché sono pieni di zucchero, aggiunto per aumentarne il peso.
Manuela Soressi
ottobre 2018