Per secoli gli alimenti più ricercati sono stati quelli bianchi, considerati i più raffinati. E in effetti mai definizione è stata così azzeccata visto che è proprio il processo della raffinazione che li priva delle componenti più “grossolane” (come la crusca o alcuni minerali) modificandone il colore e il valore nutritivo. L’associazione di valori tra il colore chiaro degli alimenti e la raffinatezza continua anche oggi, ma in senso opposto: proprio quando è “raffinato” il cibo è considerato poco salutare. Dunque, il bianco da positivo e “nobile” è passato a essere considerato negativo e “povero”. E, all’opposto, gli alimenti scuri sono oggi ritenuti naturalmente ricchi e più sani. Ma è davvero (e sempre) così?
Scuro non significa “integrale”
Il fatto che un alimento sia di colore scuro non è garanzia che sia più sano o meno manipolato, né più ricco sul piano del contenuto nutrizionale. Potrebbe essere così in natura (come lo zucchero grezzo) oppure potrebbe essere un “falso integrale”, ossia un alimento realizzato con farina raffinata e arricchita poi con crusca o fibre. Inoltre ci sono alimenti “integrali” che di colore sono chiari, come il pane d'avena. Quindi, se vuoi essere certa di acquistare un alimento “integrale” non limitarti alle immagini che trovi sulle confezioni o al colore: cerca la definizione merceologica, che è indicata prima dell’elenco degli ingredienti, e verifica che riporti la dicitura "integrale".
Sale, raffinato o integrale
Il sale bianco che si trova in commercio è cloruro di sodio, ottenuto dall’evaporazione dell’acqua marina oppure estratto dalle miniere di salgemma. In entrambi i casi, prima di essere confezionato, dev’essere depurato con lavaggi in acqua e poi raffinato per eliminare gli altri sali che contiene finché resta solo cloruro di sodio quasi in purezza.
A cui vengono aggiunte sostanze che impediscono che i cristalli si attacchino l’un l’altro (come gli additivi ferrocianuro di sodio o di potassio, indicati rispettivamente con le sigle E535 ed E536).
Dunque, il sale raffinato è puro cloruro di sodio, senza altri minerali od oligoelementi, in particolare se è sale di salgemma. Infatti, ne esiste un tipo con il 99% minimo di cloruro di sodio, una percentuale ben superiore a quella del sale marino: è il sale di tipo “purissimo”, il più asciutto, cristallino e selezionato.
Invece il sale integrale non subisce alcun trattamento e non viene raffinato. Per questo, quindi, oltre al cloruro di sodio, conserva gli altri minerali e oligoelementi che contiene in natura. Di solito non viene addizionato con antiaggreganti e quindi, spesso, appare più umido e forma più facilmente dei grumi.
Zucchero: bianco o bruno?
Per farlo diventare candido, lo zucchero (tecnicamente si tratta di saccarosio) viene sottoposto a numerosi trattamenti: dapprima viene depurato, poi sbiancato con anidride solforosa e quindi concentrato. Per renderlo più puro, si passa poi a un filtraggio con carbone e a una successiva sbiancatura con idrosolfito. Infine, si effettua una cristallizzazione, per ottenere cristalli piccoli di dimensioni più regolari, e talvolta si applica una seconda colorazione per rendere il prodotto più attraente ed eliminare l’eventuale venatura gialla rimasta nello zucchero.
Meglio allora uno zucchero scuro? Dipende. Se si tratta di zucchero “grezzo”, in realtà non è un prodotto veramente “integrale”, ma semplicemente uno zucchero parzialmente raffinato, dove le differenze di colore e sapore si devono ai residui di melassa, presenti in quantità davvero minime e non significative a livello di apporto nutrizionale. In alcuni casi per scurirlo viene addizionato con colorante: il caramello (E150 c).
Altra cosa è lo zucchero “integrale”: viene fatto bollire e poi fatto essiccare, e durante questo processo si aggrega naturalmente in granuli di dimensioni eterogenee. Ecco perché non si presenta mai in cristalli, ma in grani o in polvere. Inoltre, il fatto che non subisca alcun processo di raffinazione ne mantiene inalterato il patrimonio nutritivo.
In realtà lo zucchero integrale e quello grezzo hanno giusto un poco di minerali, vitamine ed enzimi in più, ma, viste le quantità di consumo consigliate, sono apporti irrilevanti. La differenza più significativa è un’altra: lo zucchero grezzo e quello integrale contengono meno saccarosio e più melassa. E questo li rende più scuri e più aromatici e, nel caso di quello di canna, anche meno dolce rispetto allo zucchero raffinato.
Pasta: normale o integrale
I carboidrati raffinati, come quelli che si trovano nella pasta “normale” o nel pane bianco, alzano il livello dello zucchero nel sangue e questo provoca un picco di insulina. In parallelo i batteri intestinali producono composti infiammatori. Risultato: un consumo regolare di pasta o pane “raffinati” sballa il metabolismo. Fa alzare i trigliceridi e il grasso corporeo si accumula.
Invece la pasta integrale ha un impatto migliore sull’organismo perché è ottenuta da grano duro o altri cereali (come la segale o il farro) lavorati senza processi di raffinazione, e quindi completi di tutte le loro parti, inclusa quella più esterna, dove si concentrano le fibre. Per questo la pasta integrale mantiene tutte le proprietà nutrizionali del cereale da cui è ottenuta.
In particolare, nel caso della pasta integrale di grano duro (ossia quella tipica italiana) contiene anche più minerali, vitamine (in particolare del gruppo B ed E) e triptofano, un amminoacido che stimola la sintesi della serotonina. Per questo la pasta integrale non aiuta solo la regolarità intestinale ma favorisce anche il buonumore.
E poi è ideale anche quando si è a dieta: infatti, oltre a essere un po’ meno calorica delle altre paste, essendo ricca di fibre, la pasta integrale sazia molto di più e abbassa l’indice glicemico del pasto, esercitando un controllo sull’insulina che aiuta a non ingrassare.
Manuela Soressi
dicembre 2018