C’è quello rosa e puro dell’Himalaya e quello dolce di Cervia, oppure quello iodato che fa bene anche ai bambini. Il sale è buono e non va certo demonizzato, ma usato con coscientemente: troppo fa male e crea dipendenza, inducendoci a consumare più cibo, soprattutto cibo grasso.
E poi c’è il sesamo, una delle più amate piccole bontà a forma di semino , nutriente e delizioso. Che cosa fa la coppia sale-sesamo? Dà vita al gomasio che, come si spera dalla prole, unisce il meglio dei genitori attutendone i difetti.
Il gomasio altro non è infatti che un condimento originario del Sol Levante composto da semi di sesamo tostati e sale - a cui possono essere eventualmente aggiunte alghe in piccola quantità. La proporzione tra sesamo e sale? Circa il 4-7 per cento di sale sul prodotto finito. I vantaggi? Si consumano meno sale (meno sodio) e più nutrienti, contenuti nei preziosi semini. Ma anche più grassi, dato che quest’ultimi sono piuttosto calorici (circa 570 kcl): calorie sane, in ogni caso, che certo mangiando gomasio non assumeremo in quantità industriali – la porzione media che si utilizza per condire oscilla tra i 10 e i 20 grammi.
E le alghe? Beh, fanno bene anch’esse, e poi sono il cibo del futuro - insieme agli insetti, no? Di solito si usa la Nori, probabilmente la più conosciuta, almeno dalle nostre parti.
Procediamo allora per fare il nostro gomasio in casa: è facilissimo e dà soddisfazione. Si utilizzano semi di sesamo interi, sempre preferibilmente biologici, che possono essere scelti di qualità bianca o nera. La prima è più comune in Italia (per esempio nel pane siciliano); la seconda ha gusto più intenso e viene spesso utilizzato mescolata a quella bianca: il mix è ideale, per approfittare delle diverse proprietà nutrizionali e di gusto dei due tipi di sesamo. Per quanto riguarda il sale, il più rinomato è il sale dell’Himalaya, ma qualsiasi sale nostrano integrale, grosso, può costituire una valida scelta.
È consigliabile sciacquare i semi e procedere alla tostatura subito dopo. Questa può avvenire in padella o in forno, l’importante è stare attenti che non fumi, abbrustoliscano troppo o brucino, perché rilascerebbero sostanze nocive e anche a livello di gusto sarebbe controindicato. In padella vanno tostati a fiamma media, rimestando, finché non raggiungono un bel colorito dorato e si sgretolano facilmente con le dita. L'esortazione è di tostare rapidamente anche grani di sale, finché il colore non vira verso il grigio. E se si vuole aggiungere l’alga, tostare anche quella. Gli ingredienti vanno tostati separatamente, perché hanno tempi diversi.
Dopo aver lasciato raffreddare il tutto, uniamo, frantumiamo e amalgamiamo gli ingredienti (compresa l’alga spezzettata, se abbiamoscelto di aggiungerla) in un mortaio, con movimenti circolari. Tradizionalmente si usa il ‘suribachi’, il mortaio giapponese di ceramica, con il ‘surikogi’, il pestello in legno. Usare un mixer per polverizzarli? Possibile, anche se la lavorazione al mortaio cambia la qualità del preparato: il risultato finale può essere più granuloso o fine a seconda dei gusti. Normalmente la consistenza giusta si ottiene quando il mix ha ancora un poco di corpo, una polvere oleosa ma non extra-fine.
Ed ecco pronto il nostro gomasio. Come si mangia? Può essere aggiunto a qualsiasi pietanza, ma è particolarmente popolare come condimento per insalate, zuppe e vellutate e piatti a base di riso ma anche di qualsiasi altro cereale. Può funzionare bene infatti anche con la pasta, con tantissime ricette di verdura e con ogni altro piatto con cui c’ispiri provarlo. Si conserva in un contenitore di vetro ermetico, per circa un mese, al fresco ma non in frigorifero.
Non è finita qua: il gomasio può essere aromatizzato con un’enorme quantità di spezie ed erbe a nostro piacimento. Al posto di nori o wakame, perché non provarlo con timo o rosmarino, peperoncino o zenzero, noce moscata piuttosto che cumino?
Carola Traverso Saibante
febbrario 2018
aggiornato giugno 2021
Francesca Romana Mezzadri