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Spezie, fanno bene ma non chiamatele superfood

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In Italia le vendite di spezie crescono a due cifre, trainate dalle loro proprietà salutari. Ma è davvero così? Alcuni studi recenti ne ridimensionano gli effetti benefici ma ne confermano l’utilità in cucina

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Ma come abbiamo fatto a vivere (e cucinare) per decenni senza zenzero e curcuma, senza paprika e cardamomo? La domanda sorge spontanea all’ascolto dell’ennesimo esperto che illustra le proprietà benefiche delle spezie, e non solo per la riuscita di una ricetta, ma anche per la salute umana. Un messaggio che gli italiani hanno colto al volo, come emerge dal Rapporto Coop 2017: in un anno le vendite di zenzero sono cresciute del 72%, quelle di curcuma del 22%, e la spesa per comprare lo zenzero è così salita da essere oggi il doppio rispetto agli euro destinati all’acquisto della ben più nota cannella. Inoltre il 62% di chi compra la curcuma lo fa per ragioni di salutismo e solo il 34% per il gusto, asserendo di considerare le spezie come veri e propri superfood.
In effetti, “gli studi condotti sulle spezie e sui componenti chimici in esse presenti sono in aumento e sono tante le evidenze scientifiche sul potenziale ruolo protettivo di queste sostanze naturali nei confronti di malattie croniche degenerative e sul cancro”, spiega Maria Pia Fuggetta dell'Istituto di farmacologia translazionale (Ift) del Cnr. Ma prima di gridare al miracolo, occorre molta cautela. E per varie ragioni. Vediamo di fare il punto sulla situazione.


Ricerche interessanti ma ancora da prendere con le pinze
Sono il modo più antico, semplice, naturale e a portata di mano per insaporire i cibi, aromatizzarli, conservarli e renderli più sicuri da consumare, grazie al loro effetto antibatterico. Per questo le spezie accompagnano da sempre la storia dell’umanità. Solo di recente se ne è iniziato a studiarne anche i meccanismi d’azione sull’organismo umano, in cui espletano effetti digestivi, antiossidanti, antidegenerativi, antinfiammatori e antiproliferativi.
Ma, andando a leggere gli studi, si scopre che i ricercatori non hanno studiato tanto le spezie, quanto i loro principi attivi (ossia le loro componenti caratteristiche) assunti tramite integratori o farmaci. Tenendo presente che questi principi attivi sono presenti nelle spezie in percentuali che vanno dallo 0,5 al 4% è evidente che per ottenerne i benefici dovremmo consumare ogni giorno quantità spropositate di spezie.
Inoltre, gli studi che evidenziano i benefici delle spezie sono stati in gran parte condotti presso le popolazioni che hanno la consuetudine di consumarne tante (come gli orientali) e quindi non è ancora chiaro se gli effetti positivi registrati siano effettivamente dovuti alle spezie o ad abitudini di vita diverse da quelle occidentali.


Da approfondire le interazioni delle spezie con i farmaci e i cibi
Molti degli studi sono stati condotti finora solo in vitro e, quindi, i loro esiti vanno rivisti alla luce delle reazioni che i componenti benefici delle spezie vivono all’interno dell’organismo umano e sulla loro effettiva biodisponibilità.
Inoltre, siccome le spezie potrebbero essere usate insieme ai farmaci (in particolare contro le malattie cronico-degenerative), per esaltarne gli effetti o ridurne le dosi necessarie, è importante approfondire come interagiscono con i principi attivi delle medicine e delle erbe, e anche con gli altri alimenti.
“È importante, poi, tenere presente che naturale non è sinonimo di innocuo e che accanto agli effetti benefici si debbono considerare condizioni particolari come intolleranze, gravidanza e alcune patologie che possono sconsigliare l'uso di alcune spezie“.


Efficaci per usare meno sale in cucina
“Le spezie, o meglio i loro principi attivi, hanno davvero grandissime potenzialità ma quello che, almeno per ora, ci possiamo aspettare utilizzandole in cucina è che migliorino l'appetibilità dei cibi e ci aiutino a ridurre l'apporto ili sale nella dieta” ha dichiarato al Corriere della Sera Alessia Pascale, docente di Farmacologia all’Università di Pisa.
Su un punto, dunque, i ricercatori sono concordi: abituarsi a cucinare con le spezie è il modo più semplice e gustoso per ridurre progressivamente l’uso del sale. Un problema che ci tocca da vicino, visto che in Italia ne consumiamo 10-12 grami al giorno, ossia oltre il doppio di quello consigliato. Ed è noto che l’abuso di sale aumenta il rischio di ipertensione e connessi.
Che le spezie funzionino nell’adozione di un’alimentazione meno salata è confermato da diversi studi (come quello pubblicato sull’ Am J Clin Nutr. 2015).
Su altri fronti, invece, è meglio essere cauti nel vantare gli effetti concreti delle spezie, perché gli studi sono ancora poco significativi. Ad esempio, una ricerca condotta negli Usa ha mostrato che una dieta ricca di spezie riesce a potenziare le difese antiossidanti dell’organismo e a ridurre la glicemia post-prandiale. Risultati interessanti ma registrati su un campione di persone troppo esiguo (6 adulti) per essere attendibile.


Curcuma: antiossidante e anticolesterolo ma poco biodisponibile
È la superstar del momento, la spezia più studiata (è al centro di oltre 8mila articoli scientifici) e su cui i ricercatori nutrono più speranze, perché il suo principio attivo (la curcumina) sta rivelando tanti effetti positivi: antiossidanti, antivirali, antiproliferative e antinfiammatorie. Così la si suggerisce in tante situazioni: per proteggere l’intestino (ad esempio in chi soffre del morbo di Crohn), per combattere l’artrite e il decadimento cognitivo (e prevenire l’Alzheimer) e per prevenire i tumori e mitigare gli effetti tossici della chemioterapia.
Peccato che la curcumina, assunta con i cibi abbia purtroppo una biodisponibilità molto bassa e che per sfruttarne i benefici sia decisamente più efficace assumerla mediante integratori perché così viene assorbita meglio e risulta quindi più biodisponibile. Infatti lo studio più citato che ha esplorato la capacità della curcumina di migliorare la memoria degli anziani è stato realizzato non facendo consumare curcuma nei cibi ma facendo assumere ogni giorno 80 mg di curcumina incapsulata in nanoparticelle.


Zenzero: combatte la nausea, ma se consumato ogni giorno
Ecco un’altra spezia che sta vivendo in Italia un vero e proprio boom. E non solo per ragioni di gusto e piacere, ma anche per le sue valenze salutistiche. Usato da secoli per controllare nausea e vomito (i marinai ne mangiavano almeno 1 grammo ogni giorno), e per questo consigliato durante la chemioterapia, oggi lo zenzero sta rivelando tante altre proprietà interessanti: sarebbe antinfiammatorio, antiossidante, antitumorale, antidolorifico e ipoglicemizzante. I molti studi che hanno approfondito questi meccanismi rivelano che gli effetti positivi si mostrano già a partire da un consumo regolare di 1 grammo di zenzero al giorno e crescono con l’aumentare delle quantità consumate.


Cannella: è dolce ma se usata con regolarità abbassa la glicemia
Questa spezia associata da sempre alle dolcezze della pasticceria, favorisce la digestione, contrastando la fermentazione addominale. E solo di recente ha rivelato anche inaspettate capacità di ridurre i livelli di zuccheri, colesterolo e trigliceridi nel sangue. Anche in questo caso serve cautela: quest’effetto è stato riscontrato solo sui pazienti diabetici che assumevano tra 120 e 2.000 mg al giorno di cannella.


Manuela Soressi
novembre 2017

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