Se siete dei veri gastronauti senza frontiere e disposti a mettervi alla prova, dimenticate pasta, prosciutto e parmigiano e aprite la vostra mente e la vostra bocca a pietanze sconosciute, a ingredienti che mai avreste pensato di masticare. Nelle righe che seguono vi accompagneremo in un giro del mondo di ricette a base di insetti di ogni tipo, tarantole, serpenti e cibi fermentati tratte dal libro Ai confini del gusto di Luis Devin (Sonzogno, 2016).
Insetti e ragni in tutte le salse
Ormai lo sanno tutti, gli insetti sono un’ottima fonte di proteine fibre, amminoacidi e vitamine. Inoltre, la loro produzione impatta molto meno sull’ambiente rispetto all’allevamento di animali ed è nettamente più economica. Per questo sono considerati da molti il cibo del futuro, ma in molte zone del mondo fanno parte della dieta già da parecchio tempo, anche per necessità. Nella foresta pluviale del Camerun, ad esempio, i pigmei Baka si cibano di zuppe a base di termiti, bruchi e larve di coleottero. Nei villaggi intorno ad alcuni grandi laghi africani, come il lago Malawi o il lago Vittoria, c’è una grande densità di moscerini che gli abitanti della zona raccolgono e cucinano in vari modi, dalle polpette alle zuppe, oppure fritti e con i quali ricavano anche una farina, ovviamente iperproteica.
Se dall’Africa si passa al Sud-Est asiatico e all’estremo Oriente, gli insetti, più che per necessità si mangiano per tradizione. Lo “street food” che oggi va tanto di moda nelle nostre città lì è in voga da decenni e propone tra gli altri scorpioni, scolopendre, centopiedi, di solito infilzati in uno spiedino, oppure al forno, ma anche marinati o serviti in una zuppa. Gli scarabei stercorari, invece, sono apprezzati soprattutto in Thailandia e in Laos come alimento, e nella medicina tradizionale cinese. Sono ricchi di ferro e proteine e hanno un vago sapore di noci. E poi ci sono gli scarafaggi, apprezzati da molti popoli dell’Asia, generalmente fritti, oppure stufati e seccati. Chi li ha provati dice che il sapore ricorda i gamberetti.
Nel bacino dell’Orinoco (America meridionale) si usa catturare e mangiare dopo averla arrostita, la tarantola Golia, la più grande del mondo. Ma questo ragno noto per la sua aggressività e velenosità, si caccia e si gusta anche in Cambogia, dove il consumo è iniziato per necessità sotto il regime dei Khmer Rossi ma è proseguito anche dopo, facendo delle tarantole un piatto nazionale.
Andare oltre quello che ci dice l’olfatto
Formaggi stagionati, interiora di animali, pesci in stato di fermentazione. A ogni latitudine si trovano piatti a base di ingredienti maleodoranti. Nel Sud-Est asiatico si mangia il durian, un frutto tropicale dall’odore nauseabondo. In Giappone si può gustare il nattö, fagioli di soia fermentati. In Cina le uova dei cent’anni, ammoniacali, conservate per mesi nella calce, e anche il cosiddetto tofu puzzolente.
Nell’antica Roma, e ancor prima nell’antica Grecia, esisteva una famosa salsa di pesce dall’odore intenso, ricercatissima e quasi onnipresente sulle tavole di ogni classe sociale: il garum. Oggi, salse di pesce fermentato si producono e consumano soprattutto in Asia orientale e sud-orientale: Vietnam, Cambogia, Laos, Corea, Thailandia, Birmania, Filippine, Cina, Giappone. Ogni gastronomia tradizionale ha le sue, di solito si usano come ingrediente per cucinare, oppure, in versione meno forte, come condimento.
Si fa presto a dire pesce
Antipasto di polpo, grigliata mista, frittura di calamari. Avete già l’acquolina in bocca? Beh allora provate a farvela venire anche con il lutefisk, “pesce liscivia” in norvegese, merluzzo essiccato e poi lasciato in ammollo per alcuni giorni in una soluzione di acqua e liscivia, cioè cenere di legna sciolta in acqua bollente. Oltre che in Scandinavia dove si consuma come tipico cibo delle feste, il lutefisk è diffuso anche negli stati americani del Midwest e del Pacific Northwest, grazie ai discendenti degli immigrati nord-europei. Oppure provate le surströmming, aringhe del Baltico fermentate, un’antica ricetta svedese, conservate in scatole di latta come quelle del tonno. L’apertura delle scatolette diffonde un odore intensissimo, alcuni raccomandano di consumarle all’aperto.
E se la vostra curiosità non è ancora sazia potete provare l’hákarl: squalo putrefatto, o, per essere precisi, fermentato. Tipico dell’Islanda, si tratta di cubetti di carne di squalo da infilzare con lo stuzzicadenti. Anche in questo caso l’odore è tremendo, il sapore più morbido, la consistenza gommosa.
Serpenti e coccodrilli
Molto apprezzata in Nord e Sud America, Africa e Australia, la carne di coccodrillo, alligatore e caimano è un’alternativa a quella di maiale, di pollo o di coniglio, a cui in parte assomiglia. Una carne magra e soda, ad alto contenuto proteico. Con meno grassi e colesterolo delle altre carni bianche, tant’è che oggi esistono addirittura allevamenti di questi animali, per salvarli all’estinzione cui li stava condannando la caccia indiscriminata. Coda, costolette, filetti. I tagli più teneri sono adatti a essere grigliati o fritti, oppure marinati. Quelli più duri, dal gusto più intenso, si possono stufare o bollire. La parte migliore si dice sia la coda: bianca, dal gusto leggero, tenera come vitello.
Inorridite pure, ma delle oltre tremila specie conosciute, quasi tutte sono commestibili. Stiamo parlando dei serpenti e, come per il maiale, di questi rettili non si butta via nulla: una volta rimossa la testa, dove sono localizzate le eventuali ghiandole velenifere e i denti, il resto del corpo è del tutto edibile. I serpenti sono un alimento molto apprezzato in Cina e in diversi paesi dell’Asia sud-orientale. Varie le preparazioni: cottura a fuoco vivo, alla brace, in zuppa, stufato. Da un po’ di tempo si sta diffondendo la moda del sashimi di serpente crudo.
Non resta che berci sopra
Dall’acqua prelevata dal fondo degli abissi oceanici a quella dei ghiacciai preistorici, fino alla piovana imbottigliata prima che tocchi terra, come la famosa Tasmanian Rain. Sono innumerevoli le acque “speciali” vendute e apprezzate in tutto il mondo. Ci sono poi acque di origine vegetale, come la De L’Aubier, ricavata filtrando la linfa dell’acero durante la produzione dello sciroppo e acque minerali potenziate con ossigeno.
Ma in Africa e Asia si beve anche il sangue. Fonte di proteine, calcio, fosforo e soprattutto ferro, il sangue è una delle bevande preferite dai Masai e da altri popoli africani. Lo prelevano dagli animali e lo bevono come rigenerante. In Asia orientale e sud-orientale, invece, il sangue di diversi animali viene bevuto per le supposte proprietà ritempranti, rigenerative e curative, e come stimolante della potenza sessuale. In Vietnam si può ordinare un aperitivo a base di sangue di cobra. Il serpente ancora vivo viene decapitato, il sangue cola in un bicchiere, si aggiunge una bevanda alcolica, di solito un whisky di riso, di quelli con un serpente in infusione nella bottiglia. Dal corpo del cobra viene quindi estratto il cuore. Il cameriere lo getta prontamente nel bicchiere, a completamento del cocktail. Oppure lo offre su un piattino: da mangiare subito, crudo. Ancora pulsante.
Manuela Soressi
novembre 2016