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Quando è la pappa a essere vegana

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Una discussione aperta sull'opportunità di sottoporre i piccolissimi a una dieta priva di alimenti di origine animale

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In Italia i vegetariani sono sempre in aumento e anche la cucina vegana è in piena popolarità. Tra locali "cruelty free" e locali specializzati in piatti vegani la proposta è ormai molto ampia e sfiziosa, tanto che spesso anche gli onnivori non disdegnano. Sugli scaffali di tutti i supermercati si trovano alimenti a base di miglio e soia, latti di riso e cocco e altre specialità sempre più corteggiate da chi ha deciso di fare a meno degli alimenti di origine animale. Ma se la decisione viene presa per conto terzi è un altro discorso. Soprattutto se si tratta di un bebé, il cui fabbisogno energetico per affrontare un percorso di crescita è elevato. La  questione è da tempo alla ribalta, già scoperchiata nel 2014 da una pellicola di Saverio Costanzo dal titolo emblematico Hungry Hearts (Cuori affamati), che narra proprio di una madre vegana e naturista all’eccesso, di un infelice rapporto di coppia e di una forma malata di amore materno scandita da ossessioni riguardo al cibo. La verità è che tra i casi in passato denunciati di malnutrizione di bambini figli di vegani ci sarebbe da fare ordine e alcuni annoverati come tali sarebbero da approfondire (o forse da ridimensionare): in un caso ad esempio un bimbo veniva ancora allattato all’età due anni e aveva evidenti carenze, in un altro caso il bebé aveva una carenza di vitamina B12 che potrebbe essere persino congenita. Insomma, cronaca a parte, sulla quale spetta ai giudici esprimersi, ci si chiede se a un bimbo un regime alimentare così restrittivo possa fare bene o meno e comunque quali sono gli accorgimenti necessari. È evidente che con un regime alimentare vegano si consumano prevalentemente cereali, ortaggi, legumi, soia, ma se i genitori sottopongono un bambino a una dieta vegana in maniera non informata (cioè evitando di consultare specialisti) e senza integrazioni nell'alimentazione, si rischia di rallentare lo sviluppo del piccolo e in effetti i rischi possono essere elevati.  Il problema di alcuni alimenti di origine vegetale è inoltre quello dell'assimilazione delle vitamine e di altri elementi importanti per la crescita, motivo per cui è indispensabile un monitoraggio pediatrico e, pur all’interno di una scelta di un certo tipo, è consigliabile elasticità e continua informazione. L'elemento cruciale di cui tener conto è la vitamina B12, che in natura viene prodotta da batteri probiotici nell’intestino di animali e umani. Ma la necessità di integrarla a volte riguarda anche i carnivori, perché se si mangia carne che proviene da allevamenti intensivi dove agli animali vengono somministrati antibiotici, la B12 mancherà ugualmente. Dunque è fondamentale integrarla, a partire addirittura dalla gravidanza. Secondo il professor Leonardo Pinelli, specialista in pediatria e diabetologia, esperto in nutrizione vegetariana e vegana, "Le maggiori società scientifiche internazionali, come  l’Accademia Americana di Pediatria e l’Accademia Americana di nutrizione e dietologia, considerano l’alimentazione sia vegetariana che vegana adeguata a tutte le fasi della vita, dall’infanzia alla vecchiaia". Ovviamente però, come fa notare Pinelli, queste diete devono essere ben pianificate, soprattutto nei periodi come lo svezzamento e l'infanzia e spesso nel nostro Paese mancano i pianificatori.  Non dimentichiamo mai però il problema opposto e certo non meno grave: i dati di molti studi scientifici sottolineano il pericolo di eccesso di proteine animali nella dieta, legato a un accumulo di peso nel primo anno di vita, situazione che a sua volta si associa a un aumentato rischio di sovrappeso nell’adolescenza. In Italia il 29 per cento dei bambini tra i 7 e i 9 anni è in soprappeso o obeso: un’epdiemia silente, come è stata definita all’Unicef.

Emanuela Di Pasqua,
aggiornato gennaio 2023

Photo credits: Wikipedia

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