È la bevanda più diffusa al mondo, è una delle più antiche ed è anche una delle più vitali. La birra non smette mai di stupire per la vivacità con cui si presenta sul mercato e con cui conquista nuovi consensi. Specialmente quando si tratta di birra di qualità, prodotta nei microbirrifici, che anche in Italia è diventata un vero e proprio fenomeno di tendenza.
Piccolo è bello... e vincente
In Italia, lo scorso anno si contavano 959 microbirrifici in attività e si prevede che a fine 2016 saranno più di 1.000. Sotto questo nome si trovano tre categorie diverse di imprese: “brew pub” (produzione con mescita al pubblico), “birrificio artigianale” (produzione senza mescita) e “beer firm” (aziende che utlizzano impianti di terzi per produrre birra con il proprio marchio e la propria ricetta).
Si tratta di piccole imprese che funzionano perché offrono a un pubblico affezionato ciò che chiede: la birra artigianale, appunto. A differenza di quella industriale, come stabilisce una legge appena approvata, questa bevanda non è pastorizzata, non è microfiltrata e viene prodotta da piccole aziende indipendenti che non superino i 200.000 ettolitri annui. I prezzi non sono sempre favorevoli perché sono penalizzati dai bassi quantitativi immessi sul mercato e dal fatto che la birra artigianale, non essendo pastorizzata, ha una vita più breve rispetto a quella industriale.
In ogni caso, per chi ama questo genere di bevanda, quello dei microbirrifici è un vero e proprio paradiso. E gli italiani non hanno certo bisogno di andare all’estero, se si pensa che il nostro Paese, per numero di produttori, è superato solo da Gran Bretagna e Germania. L’ultimo censimento, in Italia, registra circa 4.000 etichette diverse e ce n’è davvero per tutti.
Dove vanno i nuovi gusti: frutta e segale
Secondo gli osservatori, il panorama dei produttori di casa nostra ha il vantaggio di essere anarchico quanto basta per sperimentare con giudizio strade nuove. Si producono gli stili tradizionali (come Ale, Lager, Pale, Pilsner e Weiss, solo per fare qualche esempio), ma si inventa molto. Il 25% delle etichette è composto da quelle che vengono chiamate anche “birre di fantasia”, specialità aromatizzate con erbe, spezie o frutta. E questa rappresenta la vera tendenza emergente del momento.
Si tratta di un prodotto tutt’altro che facile da realizzare, perché bisogna studiare con cura gli abbinamenti e le dosi degli ingredienti e perché la presenza della fibra e della microflora presente sulla buccia della frutta costringono a lavorazioni più lunghe e costose. Ma, quando il lavoro è ben fatto, si ottengono birre di grande qualità, profumate, di complessità da intenditore e superbamente rinfrescanti: perfette per l’estate.
Da provare, per esempio, quella al ribes nero (dal profilo aromatico strutturato che ricorda lo spumante), quella al lampone (dalla piacevole e sorprendente nota acidula finale), quella al fico d’India (tra le più rinfrescanti ed estive) e poi quella alle more, alle pere... L’elenco è lunghissimo, se si pensa che, a conti fatti, si tratta di mille etichette diverse.
Dalla frutta ai cereali, bisogna segnalare il crescente successo della segale, utilizzata per aromatizzare la bevanda assieme al più classico luppolo o, addirittura, per sostituirlo. La moda viene, come quasi sempre, dagli Stati Uniti, dove la segale viene impiegata per la produzione delle American Ipa. Questo cereale, grazie ai polifenoli di cui è ricco, conferisce alla birra sfumature rossicce e una lieve nota astringente. Il risultato è una birra molto speziata, pulita e con un timbro che vira verso il piccante.
Non solo pizza: da provare a tutto pasto
Se quella della birra artigianale è la tendenza del momento, non si può trascurare il fatto che molti appassionati comincino a impiegare anche quella industriale come bevanda a tutto pasto. In effetti, vista la vastissima offerta, si può trovare quella giusta per ogni portata uscendo dall’usuale abbinamento pizza-birra. Per esempio, Assobirra, l’associazione dei produttori nella quale sono recentemente entrato anche alcuni microbirrifici, propone una serie di interessanti idee (clicca qui).
Con una antipasto di terra, in cui vi sono affettati, uova e maionese, si può puntare sul gusto amarognolo della classiche Lager. Per il pesce, e in particolare i frutti di mare e i crostacei, è perfetta una Pilsner, dal marcato tono aromatico del luppolo. Ma si può provare anche con la Stout, scura, ad alta fermentazione e dal tipico sapore di malto tostato: secondo gli irlandesi è un abbinamento insuperabile.
Quando si passa ai primi piatti, la scelta diventa più ampia. Con la pasta, se prevale la nota acida del pomodoro, vale lo stesso criterio usato per la pizza: una Lager bionda e leggera. Le zuppe, specialmente se sono ricche di legumi, amano le rosse irlandesi, mentre risotti e minestre chiedono quelle più aromatiche. Se nelle ricette ci sono ingredienti più saporiti o più grassi, deve aumentare anche la “forza” della birra e allora si dovrà preferire una Strong Lager, perfetta, ad esempio, con l’amatriciana e il ragù di carne.
Se il secondo è a base di pesce leggero, meglio impiegare una birra non troppo amara, come una Pilsner bavarese. L’umido offre il meglio si sé accompagnato da una bionda che profumi di malto. Pilsner e Lager leggere anche per le carni bianche; quelle rosse reggono invece benissimo il confronto con una belga, più alcolica; la carne di maiale, trova invece l’ideale compagnia nella nota speziata della Weiss.
Quando arrivano in tavola i formaggi è il momento del grande confronto. Quelli di media stagionatura trovano l’ideale abbinamento con la forza di una Bock tedesca; quelli piccanti e maturi amano le Trappiste; con gli erborinati ci si può spingere fino alle gradazioni elevate, anche oltre i 10°, delle Malt Liquor (letteralmente “liquore di malto”).
Infine il dessert. Se è presente la frutta, si può tentare l’accostamento con quella impiegata per aromatizzare una birra tra quelle di nuova tendenza. In ogni caso, si va sul sicuro con una Framboise bruxellese, aromatizzata con i lamponi. Sul cioccolato figurano benissimo una Cream Ctout inglese o una Ale scozzese ad alta gradazione.
Alessandro Gnocchi
14 giugno 2016