Nel tempio milanese del grande chef Pietro Leemann, dove il godimento dello spirito e del palato si fondono nella perfezione dei piatti
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Il sole a occidente, il tao della farfalla, madre terra, maggese... La prima sorpresa, varcando la soglia del ristorante Joia tra opere d’arte orientali, sono i titoli dei piatti: evocativi ed enigmatici, di tutto sembrano parlare fuorché di cibo. Ma poi basta ammirarle, queste creazioni raffinatissime e colorate, e gustarne i sapori veri, per capire che nella filosofia di Pietro Leemann il cibo è nutrimento spirituale ma anche gioia concreta, per gli occhi e per il palato.
Il punto di arrivo di un lungo percorso, approdato nel 1989 all’alta cucina naturale del Joia, “amica della natura e di tutti gli esseri”. Qui gli ingredienti animali sono banditi, con l’eccezione dei formaggi stagionati dallo chef nelle sue cantine in Val Maggia.
Sempre dalla campagna ticinese arrivano alcuni ortaggi e cereali che Leemann coltiva ed erbe raccolte nei boschi mentre tutti gli altri alimenti sono biologici e biodinamici, vini compresi. Perché un altro cardine della cucina del Joia è il rispetto delle materie prime.
Le cotture sono semplici e veloci; i sapori non si sovrappongono. «I miei piatti sono solo apparentemente complessi: in realtà io cerco di portare la natura, di per sé perfetta, nel piatto, senza modificare l’essenza di ogni ingrediente. L’ispirazione mi viene da momenti di vita: una passeggiata, una lettura, una mostra. I messaggi che voglio trasmettere sono di salute ma anche di gioia» .
Di Marina Cella, ricette di Pietro Leemann, foto di Felice Scoccimarro.