Se pensando di visitare Atene temete di trovare una città depressa o quanto meno pensierosa, siete completamente lontani dalla realtà.
Nonostante le disavventure economiche, la capitale greca è rimasta la città briosa, vociante e sorridente di sempre. Le strade sono piene di gente che esce per incontrarsi e godersi il sole (che qui non manca quasi mai, nemmeno d'inverno), ma soprattutto per bere e mangiare. Nelle taverne di Atene, nei caffè, nelle pasticcerie, sui banchi dello street food si produce cibo che celebra ogni ora del giorno.
La novità è che su questa offerta così ricca e interessante, la città sta giustamente puntando per attirare un turismo goloso e curioso.
In attesa di raccontarvi il nostro tour tra i mille volti della tradizione gastronomica ateniese nella rubrica Luoghi eccellenti di Sale&Pepe, vogliamo parlarvi di due scoperte che fanno della capitale greca anche una meta per sofisticati gourmet.
La prima è il ristorante Hytra (clicca qui), passato nell'agosto 2014 alla conduzione dello chef Anastasios Mantis, appena rientrato nella madrepatria dopo una lunga carriera in Francia, Belgio e nel Nord Europa (Olanda, Danimarca, Svezia).
La guida Michelin gli ha assegnato una stella, ma questo ristorante ne ha già molti milioni. Hytra, infatti, è situato appena al di sotto del magnifico cielo di Atene, al penultimo e all'ultimo piano di un palazzo di sette donato alla città da Aristotele Onassis.
Una posizione magnifica con vista sul Partenone illuminato che si staglia nel nero notturno, esclusive decorazioni in stile bungalow 2.0 che si rincorrono dal bancone del bar (regno del bartender John Korovesis) alle pareti divisorie e filtrano la poca, fascinosissima luce del locale (troppa oscurerebbe la vista onnipresente del Partenone), una cucina aperta sulla sala ma al tempo stesso in posizione discreta, fanno della cena in questo ristorante un'esperienza ancora più appagante.
Anche se la parte migliore arriva coi piatti: innovativi senza tradire il luogo in cui sono stati creati. A noi, come stimolanti aperture, sono stati serviti un mini gelato con biscotto all'olio di oliva greco e una grande cialda verde con gocce cremose di limone, aneto e cipolla che lo chef ha dedicato (dire che si sia “ispirato” ci sembra eccessivo vista la distanza delle due ricette) allo spanakorizo, tradizionale piatto di riso e spinaci. A seguire, l’antipasto vero e proprio: un mix di insalate con schiuma di carciofo, morbida panna alla cipolla e condimento greco di mosto d’uva cotto. Quindi due secondi: The Squid, ovvero un calamaro con salicornia, finocchio e maionese tinta con l’inchiostro del mollusco e The Rooster, galletto con sedano, funghi e parfait di fegatini. Si finisce con un dessert che è una serenata d’amore alla Grecia e ai suoi ingredienti, ma non certo alla sua rusticità: si chiama Yogurt, infatti, ma è una composizione di almeno tre versioni di questo ingrediente che ad ogni cucchiata si rivela nuovo: denso, pannoso, aereo, accompagnato da infuso di camomilla, noci croccanti e polline d’api. Tutt’altro che scontato!
Il secondo ristorante di cui vi vogliamo parlare appartiene a un marinaio. La sua storia comincia nella cucina delle navi, dove il nostro ha prestato servizio dall’età di 15 anni, e prosegue sulla terraferma del Pireo, il porto di Atene.
A Lefteris Lazarou, il cui volto corredato da un grosso paio di baffi è noto anche in tv (è giudice del locale MasterChef), il salto è riuscito benissimo.
Oggi il suo ristorante Varoulko (clicca qui), una stella Michelin guadagnata nel 2002, sembra una nave ormeggiata nella marina di Mikrolimano, l’area più piacevole del Pireo.
Noi abbiamo cenato sul lato del mare, in un bel locale arredato con legno a vista e vetrate sull’acqua. La cena è ovviamente a tutto pesce, ingrediente di cui lo chef si occupa anche dal punto di vista ambientale praticando scelte coscenziose legate alla stagionalità e alla salute del mare. Abbiamo gustato una sorprendente zuppa nera di seppia, frittura di dentice e filetto di branzino con briam, sorta di ratatouille greca con zucchine, pomodori, cipolle e limone.
Per finire, un baba all’ouzo da bagnare in un sorbetto al lampone. Tutto ottimo, ma a Lazarou non basta.
Dopo cena si passa quindi nel suo nuovo quartier generale, dal lato opposto della strada, dove lo chef ha realizzato un edificio su più piani ispirato ai ponti delle navi da crociera. Oltre alla cucina e alla pasticcieria, dove si alternano circa 40 cuochi, ci sono saloni per cene-evento e corsi di cucina, accompagnati da musica dal vivo.
Lazarou li mostra soddisfatto, anche se la sua predilezione sembra andare alle opere d’arte esposte ovunque, non solo quadri e schizzi donati dai molti amici artisti, ma tantissime sculture contemporanee ispirate al mare e alle sue creature.
Scopriamo che proprio a una di queste opere è dedicata la zuppa nera che ci ha servito per cena: “mangi il bianco ma vedi il nero” dichiara mostrando uno schizzo su cartoncino che lo riempie di orgoglio. Forse è questo amore per l’arte che ha stimolato l’ex marinaio ad arrivare così in alto?
L’ultima sosta è davanti a due sculture in bronzo che mostrano scene di vita sul mare, quella più dura e più rischiosa. Lefteris ce l’ha fatta, ma non riesce né vuole dimenticare da dove è arrivato. Il suo segreto è svelato.
Daniela Falsitta,
9 dicembre 2015