Tra gli abeti c’è già odore di neve. Il vento che soffia dai monti, le maestose Dolomiti, è ormai diventato più freddo e tagliente. Archiviata la stagione delle merende sui prati e dei bagni nei torrenti, le giornate ancora terse si fanno via via più brevi: l’inverno è alle porte, ed è tempo di baita.
Quest’anno, pare che il raccolto del fieno sia stato abbondante: ora è accatastato sotto le travi di larice, a comporre una pare te vegetale che profuma l’aria di sentori balsamici e crea un’atmosfera intima intorno al lungo tavolo. Così, di ritorno da una passeggiata nel bosco, per raccogliere gli ultimi funghi, i ragazzi appendono le ghirlande di luci e apparecchiano con le terraglie montanare di brocante.
È già ora di sedersi in compagnia, per condividere un menu vegetariano che mescola ingredienti di stagione e deliziosi formaggi artigianali, buoni come solo in montagna sanno fare.
È tutto pronto. Le stoviglie attendono di essere colmate, le posate - riposte in un vecchio cassetto a mo’ di cestino - chiedono solo di essere impugnate. Per il gran finale, sono schierate le grappe artigianali alla ruta, ai frutti di bosco, alle gemme di pino, e quelle più “orientali” allo zenzero e al ginseng. Del resto, quella di questi monti è cucina di confine, che mescola sapori tirolesi con piatti d’ascendenza mitteleuropea.
In omaggio a questa tradizione meticcia, si parte con i primi. Lo gnocco di grano saraceno - farina povera ma nutriente, da secoli base della dieta valligiana - si serve con verdure e finferli. I canederli di rapa rossa sono un gustoso compromesso veg tra i “chenedi”, come si chiamano da queste parti, e i “casunzei”, i ravioli barbabietola. Delizie da gustare caldissime, nelle pentoline di coccio posate su dischi di feltro.
La tradizione locale prevederebbe, ora, secondi piatti robusti, a base di cacciagione e insaccati: non li farà di certo rimpiangere la fonduta con teste di porcino dorate in padella, impreziosita da scaglie di tartufo nero, uno scrigno di proteine light. Alternative dolci sono gli sformatini di zucca affogati in una crema tiepida di latteria stravecchio, più ricco ancora il rotolo di cavolo cappuccio e patate insaporito con il kummel, il cumino dei prati così amato da queste parti. L’accoppiata vincente è con il pesto di sedano e noci, ottimo anche spalmato sul pane integrale o servito con i formaggi locali: la luppolotta, un caprino compatto affinato nella birra e avvolto da una crosta di pane, e la caciotta avvinata, stagionata dopo la vendemmia nelle vinacce. Il tocco in più sul tagliere? Il miele di colza, dal raffinato retrogusto erbaceo.
Finalmente è arrivato il turno dei dolci, che i bambini reclamano a gran voce. Si sparecchia e, al centro del tavolone, resta solo un runner di lino grezzo, che mette in risalto le ceramiche rustiche, con un sottile decoro colorato, scovate nei mercatini e spesso provenienti dai servizi degli alberghi dismessi.
Sull’alzata troneggia, ancora tiepido, un cake ai mirtilli, che da queste parti si raccolgono a fine estate e si congelano con un cucchiaio di zucchero, per poterti utilizzare durante i mesi freddi. L’impasto ammorbidito dal latticello sprigiona una nota fragrante di cannella e il crumb alle noci rende la torta ancora più sostanziosa. Qualcuno, prima della grappa e del caffè, si lascia tentare dal bis di dessert gustando le pere allo sciroppo di vino nero, rinfrescate da un cucchiaio di crema alla ricotta di produzione locale. Dopo quest’ultima golosità, nessuno adesso ha più voglia di uscire e cala la sera: dietro i Monti Pallidi, l’antico nome delle Dolomiti, la luna assomiglia a una lanterna accesa in mezzo al cielo.
Testi di Amelia Bertottilli, ricette di Alessandra Avallone e Riccardo Gaspari, foto di Stefania Giorgi, styling di Sara Farina, scelta dei vini di Sandro Sangiorgi. Si ringraziano Caseificio Piccolo Brite e Agriturismo El Brite De Larieto, Cortina d’Ampezzo.