La Fao gli ha dedicato il 2023 per far conoscere il valore di questo cereale, sostenibile e senza glutine
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“Mangi come un uccellino”: ce lo sentiremo dire più spesso se, come si augura la Fao, il miglio entrerà a pieno titolo anche nella cucina italiana. Quest’antica famiglia di cereali, coltivati in mezzo mondo, nei paesi occidentali sono considerati poco più di un cibo per canarini mentre in Africa e Asia sono molto diffusi nell’alimentazione umana. E hanno tanti pregi ambientali e nutrizionali, ancora poco noti in occidente, da aver spinto la Fao a battezzare il 2023 quale "anno internazionale del miglio" proprio per far conoscere il contributo che questa famiglia di cereali può apportare alla salute degli uomini e del pianeta.
Una coltivazione a basso impatto ambientale Il miglio è generoso e poco esigente. Cresce ovunque, anche su suoli poveri e terreni marginali, e si trova bene in climi caldi e secchi, anche perché richiede poca acqua. Inoltre resiste bene a parassiti e malattie, tanto da non aver necessità di trattamenti con pesticidi o fertilizzanti. Non stupisce, quindi, che oggi sia tra le otto specie vegetali più diffuse al mondo, con 26 milioni di tonnellate di produzione annua. Il 90% di queste quantità cresce in Africa e Asia, dove i chicchi di miglio, decorticati e cotti, si usano per zuppe e stufati mentre la farina si utilizza per preparare polente, pani e dolci. Anche in Europa il miglio è stato per secoli uno degli alimenti più comuni, finché nel ‘500 è stato soppiantato dall’arrivo del mais. Oggi si stanno facendo diverse sperimentazioni per reintrodurlo in quanto coltivazione resiliente, capace di resistere al cambiamento climatica, di ridurre l’impatto dell’agricoltura sull’ambiente e di aumentare la biodiversità agricola. Per le sue caratteristiche il miglio è adatto a essere introdotto in un sistema agroalimentare di qualità e si presta a essere utilizzato in modi diversi dall’industria alimentare, in particolare per realizzare alimenti senza glutine. Tanto che oggi in vendita si trovano già alcuni prodotti (come la granella, la farina e i biscotti) realizzati a partire da miglio coltivato in Italia in modo biologico. Ma per assicurare un vero futuro al miglio anche nei paesi occidentali occorre migliorarlo geneticamente in modo da aumentarne la produttività, diminuirne gli sprechi e favorirne l’uso nella produzione alimentare.
Un cereale nutriente e “gluten free” Non è solo la sostenibilità ambientale ad aver risvegliato l’attenzione per il miglio. Anche l’aspetto nutrizionale ha fatto la sua parte. Infatti il miglio ha un ottimo profilo: apporta proteine di buona qualità (con buone quantità di alcuni amminoacidi solforati, come metionina e cisteina), è ricco di fibre, privo di glutine e molto digeribile. In più il miglio apporta composti fenolici con attività antiossidante e triptofano, un amminoacido da cui si genera la serotonina, l’ormone del buonumore. Alcuni recenti studi ne hanno anche portato alla luce un inaspettato patrimonio di micronutrienti, soprattutto fosforo, ferro e rame. Grazie alla presenza di composti bioattivi, il miglio rientra tra gli alimenti dalle proprietà nutraceutiche e ne sono state riscontrate la capacità di aumentare la frazione “buona” del colesterolo e di svolgere un’azione protettiva sul fegato.